Il Rapporto di Greenpeace, dal titolo ” Stato di conflitto”, presentato il 4 novembre scorso a Roma, in occasione di un incontro presso il Senato della Repubblica.
” Stato di conflitto”: questo il titolo del nuovo Rapporto sulla deforestazione in Amazzonia che l associazione Greenpeace ha realizzato e presentato, il 4 novembre scorso a Roma, in occasione di un incontro, presso il Senato della Repubblica, sulle strategie per combattere il taglio e il commercio illegale del legname, cui hanno partecipato rappresentanti del dipartimento britannico per lo sviluppo, l’ ufficio indonesiano della Banca Mondiale, l’ Environmental Investigation Agency, oltre ai rappresentanti dell’ industria e delle istituzioni competenti. Nel corso dell’ incontro sono emersi casi preoccupanti dei legami tra legno illegale e violazione dei diritti umani in Africa, Indonesia e Amazzonia. Su quest’ ultima si concentra il Rapporto di Greenpeace. Per la prima volta, viene svelato un quadro allarmante di invasioni delle terre, di occupazione del suolo pubblico, di omicidi, di forme moderne di schiavismo, il volto segreto della distruzione della foresta amazzonica. ” Questo Rapporto è il risultato di un’ indagine sul settore del legname nello stato del Parà, il principale produttore ed esportatore di prodotti in legno dell’ Amazzonia brasiliana – denuncia Sergio Baffoni, responsabile campagna foreste di Greenpeace-. Anche l’ Italia, nel 2002 ha acquistato legname dall’ Amazzonia per circa 10 milioni di dollari. Quasi un terzo dei prodotti venivano proprio dal Parà”. Il Parà è la regione brasiliana che ha subito il più grave impatto della deforestazione. E’ il principale esportatore di legno dell’ intera area amazzonica, ed ha perduto un area di foresta grande quanto l’ Austria, l’ Olanda, il Portogallo e la Svizzera messe insieme: ” Stato di conflitto – il cui testo integrale riportiamo nel link – si concentra su due delle più aggressive frontiere del taglio in Parà: la regione di Porto de Moz e Prainha, sul lato occidentale del fiume Xingu e la Terra di Mezzo, una vasta area di foreste relativamente intatte tra i fiumi Xingu e Tapajòs. Qui il taglio industriale delle foreste e l’ allevamento del bestiame sono le due principali attività che stanno distruggendo la foresta, spesso anche illegalmente. Foreste grandi quanto il Belgio – si legge nel Rapporto – vengono privatizzate sulla base di atti falsi, tanto che nei registri catastali del Parà è registrata come privata un’ area più vasta della superficie dello Stato.Dalle terre occupate illegalmente vengono poi espulse le comunità locali. In questa regione brasiliana si registra il più alto tasso di omicidi legati a conflitti sulla terra in Brasile. Raramente questi omicidi sono stati oggetto di investigazioni,ancor più raramente o tresponsabili vengono puniti. Le comunità locali che vino nella foresta, e da essa dipendono ( pescatori, raccoglitori di gomma, piccoli agricoltori) sono cacciati dalle loro terre. Nelle remote aree di foresta, fuori dal controllo della polizia, la deforestazione è spesso accompagnata da moderne forme di schiavitù. I lavoratori sono attirati dalla promessa di facili guadagni, e restano intrappolati per tutta la vita da un sistema basato su contratti capestro e sull’ indebitamento, costretti a lavorare in condizioni sub-umane, pericolose e illegali, praticamente senza uno stipendio. Chi tenta di scappare spesso è punito con la morte. Sarebbero 25.000 i lavoratori rurali in condizioni di schiavitù o di semi -schiavitù, sparsi in 167 fazendas nel sud-est dello stato del Parà.
Fonte: Greenpeace
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