Le regioni italiane di fronte alla sfida della sostenibilità

Legambiente ha colto l’ occasione delle elezioni che avverranno il prossimo mese di aprile per elaborare un rapporto dove , con gli oltre 50 indicatori, viene fuori una approfondita fotografia delle Regioni italiane, dei problemi e dei ritardi, ma anche dello straordinario intreccio di risorse e di “ diversità” del territorio italiano. In particolare il Rapporto si pone la domanda di come le istituzioni regionali si porranno di fronte alle sfide poste da un futuro che oggi si presenta incerto.

In questo nuovo Rapporto, Legambiente – che è sempre presente e puntuale di fronte ai piccoli e grandi problemi del Paese – affronta i bilanci, politici, economici e sociali, delle Regioni italiane in attesa delle elezioni del prossimo aprile. Infatti, le elezioni sono, al tempo stesso, un appuntamento politico di rilievo e di respiro nazionale, ma anche un’evidente occasione per valutare gli esiti, in termini di politiche territoriali, del mandato dei presidenti uscenti e più in generale delle trasformazioni istituzionali avviate con la Riforma del Capitolo V della Costituzione.
Secondo Legambiente, la domanda da cui partire è pressoché obbligata: che contributo possono dare le istituzioni regionali per sottrarre l’ Italia ai rischi di declino? La nostra risposta – dicono gli elaboratori del Rapporto di Legambiente – è altrettanto netta: per mostrarsi all’ altezza delle sfide poste da un futuro che oggi, inutile negarlo, si presenta incerto, le Regioni devono scommettere molto di più sulle due principali “ risorse tipiche “ dei territori italiani. Da una parte i saperi, la ricerca, la formazione, la grande capacità creativa e innovativa che ha fatto la fortuna del “ made in Italy “; dall’ altra l’ intreccio unico al mondo tra natura e cultura, tra paesaggio e città storiche. Risorse tipiche e risorse entrambe immateriali, dunque squisitamente ecologiche; ricchezze oltretutto difficilmente delocalizzabili. Dagli oltre 50 indicatori del Rapporto viene fuori una approfondita fotografia delle Regioni italiane, dei problemi e dei ritardi, ma anche dello straordinario intreccio di risorse e di “diversità” ambientali, culturali, sociali che sono il vero valore aggiunto del territorio italiano. Molte tendenze negative che riguardano le questioni ambientali si sono aggravate, perché in questi anni i governi regionali hanno fatto troppo poco per incentivare questo grande valore aggiunto sia ambientale che economico, competitivo; e ancora meno ha fatto il governo Berlusconi, che anzi ha remato nella direzione opposta. La nuova economia ad alto tasso di innovazione e ad alta qualità territoriale – la ferrovia invece della strada, l’ efficienza energetica e le fonti rinnovabili, gli investimenti nella ricerca, la raccolta differenziata dei rifiuti, l’ agricoltura e il turismo di pregio, la manutenzione dell’ ambiente naturale e di quello costruito – è rimasta al palo.
In questi anni di bassa crescita economica – si legge nel Rapporto di Legambiente – nel quale i migliori risultati sono avvenuti nelle Regioni del Sud, sono cresciuti dappertutto i tradizionali indicatori della vecchia economia – i consumi di rifiuti ( + 4,6% pro capite nel triennio 2000-2003), di carburante ( + 7,5% ), la domanda di energia elettrica ( + 5,4% ) – e anche, dato ancora più inquietante tutti i fenomeni di illegalità ambientale ( + 32% nel 2003), dall’ abusivismo edilizio, rilanciato dal condono, allo smaltimento clandestino dei rifiuti.

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