Equanto emerge dallannuale Rapporto Eurispes del 2006 sulleconomia italiana, presentato il 27 gennaio scorso dal Presidente dellIstituto di ricerche, Gian Maria Fara , il quale sottolinea che lItalia è un paese dalle grandi risorse e dalle grandi potenzialità che non riesce ad esprimere e ad affermare un progetto di crescita e di sviluppo.
Un paese di nuovi ricchi con intere fasce di popolazione impoverita , messe in ginocchio da un tasso dinflazione arrivato ad una crescita complessiva del 23,7% negli ultimi 4 anni e da unerosione del potere dacquisto che si rimargina. Un paese che produce sempre meno (la produttività del lavoro, nellultimo decennio, è calata del 10,8%). E che (lo sanno anche i bambini, ormai)investe briciole in ricerca. Questo è il cupo ritratto delleconomia italiana che emerge dal Rapporto 2006 Eurispes, presentato il 27 gennaio scorso a Roma. Nelle Considerazioni generali del Presidente dellIstituto di Studi Politici e Sociali, Gian Maria Fara, lItalia non riesce a trasformare la propria potenza in energia. Eun paese dalle grandi risorse e dalle grandi potenzialità che non riesce ad esprimere e ad affermare un progetto di cresciuta e di sviluppo. Che non riesce ad individuare un percorso originale al quale affidare il proprio futuro, afflitto dalla difficoltà di attuare unaristotelica trasformazione della potenza in atto.
I dati dellEurispes indicano che laspetto più macroscopico dellandamento negativo della nostra economia negli ultimi anni è lallargamento del divario tra lItalia e il resto del mondo e il peggioramento del paese nella gerarchia della competitività nazionale sullo scenario mondiale. Listituto calcola che nel decennio 1994-2004 la spesa per la ricerca in Italia si è attestata su valori intorno all1% del Prodotto Interno Lordo. Senza considerare i paesi extra europei (il Giappone ha speso il 3,1% del Pil e gli Stati Uniti il 2,6%), la Svezia (4%) e la Finlandia (3,5%), spendono in ricerca più del triplo di quanto spende lItalia. Oltre il doppio, invece, spendono Danimarca e Germania (rispettivamente 2,6% e 2,5% del Pil).
Per quanto riguarda la produttività del lavoro essa è calata del 10,8% e lEurispes prevede un andamento decrescente anche per il 2006 e il 2007. Nel periodo 2005-2006 si è registrato in Italia un clima generale di stagnazione e di decremento dei valori dellapparato industriale, con particolare riferimento ai fattori del cuoio e della pelle (-31% in termini di valore aggiunto rispetto al 2000), della produzione di macchine elettriche (-28,7%) e quello0 dei mezzi di trasporto (-21,3%) e nel contempo si è assistito al calo generalizzato degli addetti nel settore industriale a livello nazionale con una riduzione del 2,/% dal 1999 al 2004 (-139.400 addetti). Nel 2005, il tasso di crescita del Pil italiano soprattutto a causa della negativa performance industriale si è attestato su valori compresi tra lo 0,1% e lo 0,2%.
Altri dati importanti si rilevano nel Rapporto per quanto riguarda i consumi e il potere dacquisto, che ha registrato una rilevante riduzione nel corso del 2005 e una crescita del credito al consumo del 23,4%, pari a quasi 47 miliardi di euro.
Insomma. Aumentano le famiglie più povere e a rischio povertà. Oltre allincremento delle famiglie povere (+300mila), lEurispes stima che circa 2.500 nuclei familiari siano rischio povertà, l11% delle famiglie totali , pari a ben 8 milioni di persone. Naturalmente, in questi ultimi anni è cambiata anche la mappa dei nuovi ricchi, che sono da ricercare soprattutto nei settori finanziario, assicurativo, immobiliare e dei servizi alle imprese medie e grandi, concessionari/rivenditori di spazi pubblicitari televisivi e radiofonici e agenti pubblicitari del settore privato della comunicazione.
Naturalmente, la difficile congiuntura ha investito in maniera rilevante ampie fasce di lavoratori dipendenti (impiegati e operai), lavoratori atipici e parasubordinati, pensionati o quali ultimi , oltre a subire una forte perdita di potere dacquisto, hanno dovuto farsi carico del sostentamento di figli e nipoti che a causa della precarizzazione dei rapporti di lavoro non riescono a far quadrare il proprio bilancio familiare.
I dati dellEurispes indicano che laspetto più macroscopico dellandamento negativo della nostra economia negli ultimi anni è lallargamento del divario tra lItalia e il resto del mondo e il peggioramento del paese nella gerarchia della competitività nazionale sullo scenario mondiale. Listituto calcola che nel decennio 1994-2004 la spesa per la ricerca in Italia si è attestata su valori intorno all1% del Prodotto Interno Lordo. Senza considerare i paesi extra europei (il Giappone ha speso il 3,1% del Pil e gli Stati Uniti il 2,6%), la Svezia (4%) e la Finlandia (3,5%), spendono in ricerca più del triplo di quanto spende lItalia. Oltre il doppio, invece, spendono Danimarca e Germania (rispettivamente 2,6% e 2,5% del Pil).
Per quanto riguarda la produttività del lavoro essa è calata del 10,8% e lEurispes prevede un andamento decrescente anche per il 2006 e il 2007. Nel periodo 2005-2006 si è registrato in Italia un clima generale di stagnazione e di decremento dei valori dellapparato industriale, con particolare riferimento ai fattori del cuoio e della pelle (-31% in termini di valore aggiunto rispetto al 2000), della produzione di macchine elettriche (-28,7%) e quello0 dei mezzi di trasporto (-21,3%) e nel contempo si è assistito al calo generalizzato degli addetti nel settore industriale a livello nazionale con una riduzione del 2,/% dal 1999 al 2004 (-139.400 addetti). Nel 2005, il tasso di crescita del Pil italiano soprattutto a causa della negativa performance industriale si è attestato su valori compresi tra lo 0,1% e lo 0,2%.
Altri dati importanti si rilevano nel Rapporto per quanto riguarda i consumi e il potere dacquisto, che ha registrato una rilevante riduzione nel corso del 2005 e una crescita del credito al consumo del 23,4%, pari a quasi 47 miliardi di euro.
Insomma. Aumentano le famiglie più povere e a rischio povertà. Oltre allincremento delle famiglie povere (+300mila), lEurispes stima che circa 2.500 nuclei familiari siano rischio povertà, l11% delle famiglie totali , pari a ben 8 milioni di persone. Naturalmente, in questi ultimi anni è cambiata anche la mappa dei nuovi ricchi, che sono da ricercare soprattutto nei settori finanziario, assicurativo, immobiliare e dei servizi alle imprese medie e grandi, concessionari/rivenditori di spazi pubblicitari televisivi e radiofonici e agenti pubblicitari del settore privato della comunicazione.
Naturalmente, la difficile congiuntura ha investito in maniera rilevante ampie fasce di lavoratori dipendenti (impiegati e operai), lavoratori atipici e parasubordinati, pensionati o quali ultimi , oltre a subire una forte perdita di potere dacquisto, hanno dovuto farsi carico del sostentamento di figli e nipoti che a causa della precarizzazione dei rapporti di lavoro non riescono a far quadrare il proprio bilancio familiare.