Sul “Rapporto annuale INAIL pubblichiamo alcuni estratti dalla Relazione e tutti i documenti ufficiali dell’INAIL (link a fianco).
Estratti dalla Relazione
1. Una visione storica
Nel dopoguerra, nella prima metà degli anni Cinquanta, registravamo ogni anno oltre 3.000 morti per infortuni sul lavoro. Questo dato impressionante si è trascinato per circa un ventennio, fino alla metà degli anni Settanta: in quel periodo, infatti, per sei/sette volte superammo la soglia dei 3.000 morti sul lavoro, con picchi superiori a 3.500 vittime.
Tradotto in termini di quotidianità, questo dato vuol dire che ogni giorno dieci persone “morivano di lavoro”. Dopo il 1975 il fenomeno comincia a decrescere progressivamente, pur mantenendosi generalmente al di sopra dei 2.000 casi per tutti gli anni Ottanta; e nel 1990 il fenomeno è ancora macroscopico: oltre 2.400 morti. Nel decennio successivo inizia la discesa: nel 2000 registriamo 1.400 vittime del lavoro. Per lo scorso anno il dato, registrato a oggi, parla di 1.206 infortuni mortali. Riteniamo però più significativo il dato stimato (cioè il dato che tiene conto delle possibili implementazioni nel corso del tempo, sulla base di un modello esperienziale e matematico): 1.280 morti per il 2005.
2. Il confronto con l’Europa
Negli ultimi anni lItalia si è collocata sotto le medie europee con riferimento sia agli infortuni “con assenza dal lavoro superiore a 3 giorni” (3.267 ogni 100.000 occupati, contro una media dell’EUROZONA di 3.789), sia a quelli indennizzati, sia ai casi mortali (in Italia, 2,8 morti ogni 100.000 occupati, contro i 2,9 della media nell’EUROZONA).
(Red)