Sancito il principio per cui l’assenza dal lavoro del dipendente causata da negligenza del datore di lavoro non deve gravare sul lavoratore
Con la sentenza del 16 novembre 2006, n. 24404, la Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, ha stabilito che il lavoratore esposto a fumo passivo per negligenza del datore di lavoro che si ammala per patologie attribuibili a tale causa ha diritto alla restituzione delle trattenute per malattia.
Secondo la Suprema Corte, “il dipendente che si assenti dal lavoro, a causa di una malattia addebitabile al comportamento negligente del datore di lavoro in termini di doveri di protezione, ha diritto alla restituzione della quota di retribuzione da quest’ultimo indebitamente trattenuta per le assenze.”
Nella fattispecie “il giudice del merito ha ritenuto raggiunta la prova che l’ambiente di lavoro fosse saturo di fumo; che di ciò la S. [ricorrente, n.d.r.] si sia sempre lamentata; che l’attrice abbia perciò contratto una serie di malattie tutte riconducibili al fumo; che le di lei assenze dal lavoro furono giustificate da una malattia addebitabile a comportamento negligente del datore di lavoro in termini di doveri di protezione.”
La Corte conclude così stabilendo che “il giudice di appello ha ritenuto provato che le malattie della S. erano cagionate da intolleranza al fumo, presente nell’ambiente di lavoro, sulla base delle certificazioni mediche acquisite. L’apprezzamento in fatto al riguardo non è censurabile in Cassazione, in quanto adeguatamente motivato. Non sussiste un obbligo del giudice di ricorrere in ogni caso ad una consulenza tecnica di ufficio, tenuto anche conto che la materia del contendere, dopo la reiezione in primo grado della domanda più importante, rimaneva limitata in appello alla restituzione di una quota di retribuzione trattenuta a fronte di assenze per malattia ascrivibili a causa di servizio. L’interpretazione dell’art. 56 contratto collettivo nazionale di lavoro sfugge al sindacato di legittimità di questa Corte e si risolve in una questione di motivazione; nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto che le assenze per malattia della S. fossero dovute a causa di servizio, cioè ad affezione contratta nell’ambiente di lavoro a causa del fumo”.
Secondo la Suprema Corte, “il dipendente che si assenti dal lavoro, a causa di una malattia addebitabile al comportamento negligente del datore di lavoro in termini di doveri di protezione, ha diritto alla restituzione della quota di retribuzione da quest’ultimo indebitamente trattenuta per le assenze.”
Nella fattispecie “il giudice del merito ha ritenuto raggiunta la prova che l’ambiente di lavoro fosse saturo di fumo; che di ciò la S. [ricorrente, n.d.r.] si sia sempre lamentata; che l’attrice abbia perciò contratto una serie di malattie tutte riconducibili al fumo; che le di lei assenze dal lavoro furono giustificate da una malattia addebitabile a comportamento negligente del datore di lavoro in termini di doveri di protezione.”
La Corte conclude così stabilendo che “il giudice di appello ha ritenuto provato che le malattie della S. erano cagionate da intolleranza al fumo, presente nell’ambiente di lavoro, sulla base delle certificazioni mediche acquisite. L’apprezzamento in fatto al riguardo non è censurabile in Cassazione, in quanto adeguatamente motivato. Non sussiste un obbligo del giudice di ricorrere in ogni caso ad una consulenza tecnica di ufficio, tenuto anche conto che la materia del contendere, dopo la reiezione in primo grado della domanda più importante, rimaneva limitata in appello alla restituzione di una quota di retribuzione trattenuta a fronte di assenze per malattia ascrivibili a causa di servizio. L’interpretazione dell’art. 56 contratto collettivo nazionale di lavoro sfugge al sindacato di legittimità di questa Corte e si risolve in una questione di motivazione; nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto che le assenze per malattia della S. fossero dovute a causa di servizio, cioè ad affezione contratta nell’ambiente di lavoro a causa del fumo”.
AG