La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 126 del 2007, ha stabilito che per la disciplina relativa al trasporto dei rifiuti non pericolosi occorre far riferimento al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Testo Unico Ambientale)
La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 126 del 19 aprile 2007, si è pronuciata in merito al giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, del D.Lgs. 22/97 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), come modificato dall’articolo 1, comma 19, della legge 9 dicembre 1998, n. 426 (Nuovi interventi in campo ambientale), in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui esclude che gli imprenditori che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi da essi stessi prodotti siano tenuti ad iscriversi all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, previsto dal medesimo art. 30.
La Corte si è dunque così espressa: “Considerato che successivamente all’ordinanza di rimessione è intervenuto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006, supplemento ordinario, il quale in attuazione della delega conferita dall’art. 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione) reca, nella parte quarta, una nuova disciplina della gestione dei rifiuti, integralmente sostitutiva di quella già contenuta nel decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, che viene quindi abrogato (art. 264, comma 1, lettera i, del d.lgs. n. 152 del 2006);
che, per quanto in questa sede più interessa, il citato d.lgs. n. 152 del 2006 regola in termini parzialmente innovativi, all’art. 212, anche la materia dell’iscrizione delle imprese esercenti attività di gestione dei rifiuti nell’apposito Albo (il quale assume ora la denominazione di «Albo nazionale gestori ambientali»);
che, in particolare, il comma 8 dell’art. 212 obbliga all’iscrizione all’Albo con il presidio della sanzione penale comminata dall’art. 256, comma 1 (che sostituisce l’art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 22 del 1997) anche le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come «attività ordinaria e regolare» e le imprese che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti i limiti già previsti, ai fini dell’esonero dall’iscrizione, dall’art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 1997 (trenta chilogrammi o trenta litri al giorno): sia pur prefigurando, per dette imprese, un regime sensibilmente agevolato (esse non sono infatti tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie normalmente imposte dal comma 7 dell’art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006 e la loro l’iscrizione all’Albo ha luogo in base a semplice richiesta scritta, senza che la stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacità finanziaria e all’idoneità tecnica del richiedente e senza che occorra la nomina di un responsabile tecnico);
che, pertanto a prescindere da ogni rilievo circa l’effettiva possibilità di qualificare la disposizione censurata come «norma penale di favore», a fronte di quanto chiarito da questa Corte con sentenza n. 394 del 2006 (successiva all’ordinanza di rimessione); ed a prescindere, altresì, dalle ulteriori modifiche sopravvenute, inerenti al quadro normativo comunitario di riferimento (abrogazione della direttiva 75/442/CEE ad opera della nuova direttiva in materia di rifiuti 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006), non foriere, in parte qua, di innovazioni sostanziali gli atti vanno restituiti alla Corte rimettente, ai fini di una nuova valutazione circa la rilevanza della questione sollevata alla luce dello ius superveniens”.
La Corte si è dunque così espressa: “Considerato che successivamente all’ordinanza di rimessione è intervenuto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006, supplemento ordinario, il quale in attuazione della delega conferita dall’art. 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione) reca, nella parte quarta, una nuova disciplina della gestione dei rifiuti, integralmente sostitutiva di quella già contenuta nel decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, che viene quindi abrogato (art. 264, comma 1, lettera i, del d.lgs. n. 152 del 2006);
che, per quanto in questa sede più interessa, il citato d.lgs. n. 152 del 2006 regola in termini parzialmente innovativi, all’art. 212, anche la materia dell’iscrizione delle imprese esercenti attività di gestione dei rifiuti nell’apposito Albo (il quale assume ora la denominazione di «Albo nazionale gestori ambientali»);
che, in particolare, il comma 8 dell’art. 212 obbliga all’iscrizione all’Albo con il presidio della sanzione penale comminata dall’art. 256, comma 1 (che sostituisce l’art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 22 del 1997) anche le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come «attività ordinaria e regolare» e le imprese che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti i limiti già previsti, ai fini dell’esonero dall’iscrizione, dall’art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 1997 (trenta chilogrammi o trenta litri al giorno): sia pur prefigurando, per dette imprese, un regime sensibilmente agevolato (esse non sono infatti tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie normalmente imposte dal comma 7 dell’art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006 e la loro l’iscrizione all’Albo ha luogo in base a semplice richiesta scritta, senza che la stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacità finanziaria e all’idoneità tecnica del richiedente e senza che occorra la nomina di un responsabile tecnico);
che, pertanto a prescindere da ogni rilievo circa l’effettiva possibilità di qualificare la disposizione censurata come «norma penale di favore», a fronte di quanto chiarito da questa Corte con sentenza n. 394 del 2006 (successiva all’ordinanza di rimessione); ed a prescindere, altresì, dalle ulteriori modifiche sopravvenute, inerenti al quadro normativo comunitario di riferimento (abrogazione della direttiva 75/442/CEE ad opera della nuova direttiva in materia di rifiuti 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006), non foriere, in parte qua, di innovazioni sostanziali gli atti vanno restituiti alla Corte rimettente, ai fini di una nuova valutazione circa la rilevanza della questione sollevata alla luce dello ius superveniens”.
AG
Fonte: Corte Costituzionale
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