Contro tale sentenza limputato e la società hanno proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che linfortunio era avvenuto a causa della condotta imprudente delloperaio, che gironzolava sul tetto.
La Suprema Corte di Cassazione, respingendo il ricorso e confermando la condanna, ha evidenziato:
– limputato, quale direttore e delegato alla sicurezza dello stabilimento, deve rispondere penalmente del delitto e della contravvenzione ascrittagli, in quanto laccertata causa della morte delloperaio era da collegare eziologicamente alla sua condotta omissiva colposa, tenuto conto che la posizione di garanzia nei confronti delloperaio lo obbligava, ai sensi delle disposizioni antinfortunistiche, ad avvertirlo specificatamente dei rischi di caduta dallalto connessi alla pulitura dei canali di scolo e delle grondaie del tetto del capannone, ed a fornirgli, in ogni caso, le misure di protezione idonee ad evitare tali rischi;
– la prospettazione di una causa di esenzione da colpa che si richiami alla condotta imprudente del lavoratore non è rilevante allorché chi la invoca sia in colpa per non avere negligentemente impedito levento lesivo, che è conseguito, nella specie, dallavere la vittima operato nella zona di lavoro, senza essere specificatamente informata delle condizioni di pericolo esistenti nella zona di circostante e senza essere stata protetta dalle opere provvisionali idonee ad evitare cadute dal tetto;
– lerrore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile, non solo per la illiceità della proprio condotta omissiva, ma anche per la mancata attività diretta ad evitare levento, imputabile a colpa altrui, quando si è, come del caso de quo, nella possibilità in concreto di impedirlo: è il cosiddetto doppio aspetto della colpa, secondo cui si risponde sia per colpa diretta sia per colpa indiretta, una volta che lincidente dipende dal comportamento dellagente, che invoca a sua discriminante la responsabilità altrui.
La normativa antinfortunistica, infatti, mira salvaguardare lincolumità del lavoratore non solo dai rischi derivanti da incidenti o fatalità, ma anche da quelli che possono scaturire dalle sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze alle istruzioni o prassi raccomandate, purchè connesse allo svolgimento dellattività lavorativa. Sussistendo questa ipotesi, è affermato dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte il principio giuridico che, in caso di infortunio sul lavoro originato dallassenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale esclusiva può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione allevento, quando questo sia da ricondursi anche alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbe valse a neutralizzare il rischio di siffatto comportamento.
(LG-FF)