Nel 79% dei comuni coinvolti nellindagine Ecosistema rischio 2009 sono presenti abitazioni in aree esposte a pericolo di frane e alluvioni, nel 28% dei casi sono presenti in tali aree interi quartieri e nel 54% fabbricati e insediamenti industriali. Nel 209% dei comuni campione dindagine in aree classificate a rischio idrogeologico sono presenti strutture sensibili o strutture ricettive turistiche. Nel 36% dei comuni non viene ancora realizzata una manutenzione ordinaria delle sponde. Nonostante sia così pesante lurbanizzazione delle zone a rischio appena il 7% delle amministrazioni comunali ha provveduto a delocalizzare abitazioni e solo nel 3% dei casi sono stati avviati interventi di delocalizzazione dei fabbricati industriali. Nel 15% dei comuni mancano ancora i piani urbanistici che prevedono vincoli alledificazione delle aree a rischio idrogeologico: i dati sulla pesante urbanizzazione delle zone a rischio nel paese dimostrano come sia urgente dare maggiore efficacia a questi strumenti normativi.
Dati confortanti invece -secondo il rapporto avviene per le attività svolte nellorganizzazione del sistema locale di protezione civile: l82% delle amministrazioni comunali possiede un piano demergenza da mettere in atto di frana e alluvione, e nel 54% dei casi i piani sono stati aggiornati negli ultimi due anni.
Equesta la fotografia del pericolo frane e alluvioni ion Italia scattata da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile con Ecosistema Rischio 2009. Lindagine, realizzata nellambito della campagna nazionale Operazioni Fiumi 2009, che ha monitorato le attività e lopera di prevenzione di frane e alluvioni realizzate da oltre 1.700 amministrazioni comunali, pari al 30% dei 5581 comuni classificati a rischio idrogeologico dal Ministero dellAmbiente e dallUPI.
Le frane che hanno colpito in maniera drammatica Ischia e Messina sono lultima tragica testimonianza di quanto sia urgente invertire la tendenza nella questione del territorio ha spiegato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente. La continua e intensa urbanizzazione lungo i corsi dacqua e in prossimità di versanti fragili e instabili, fa sì che il nostro paese sia fortemente esposto ai rischi del dissesto idrogeologico. Il ritardo con cui troppe amministrazioni locali avviano interventi mirati ad attività di prevenzione e pianificazione, la lentezza con cui vengono avviati. là dove possibile, interventi di delocalizzazione di abitazioni e fabbricati industriali dalle aree più esposte a pericolo, la quasi totale assenza di progetti finalizzati alla rinaturalizzazione dei corsi dacqua e delle zone dissestate risultano sconcertanti.
Abusivismo e cementificazione prive di regole non sono, purtroppo, solo uneredità del passato ma una realtà da combattere ogni giorno, e il Piano Casa recentemente approvato dalle Regioni in molti casi peggiora la situazione accrescendo i rischi, perché può consentire nuove deroghe senza alcun rispetto per le regole della prevenzione del rischio idrogeologico. Pur potendo contare su un ottimo sistema di protezione civile, dobbiamo essere consapevoli che una reale ed efficace opera di prevenzione va realizzata partendo dal rispetto dellambiente e degli ecosistemi fragili come i fiumi insieme ad una maggiore cura del territorio.
Secondo Ecosistema Rischio 2009, il lavoro di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico non è ancora sufficiente per il 68% dei Comuni e rimane alta (27%) la percentuale delle amministrazioni che ottengono un punteggio del tutto insufficiente nella speciale classifica del dossier.
(LG-FF)