Terza udienza nel processo d’appello mentre la città ha ricordato al cimitero monumentale i sette operai scomparsi.
Il pm: “Il dolo imposto dalle indagini“
Guariniello ha ricostruito i passaggi principali di un’indagine complessa che, secondo l’accusa, ha dimostrato che le misure di sicurezza nell’acciaieria erano state volutamente trascurate
La terza udienza si è svolta ieri, nel giorno del quinto anniversario della tragedia.
Nella notte tra il 5 e 6 dicembre 2007 un incendio scatenato sulla linea 5 dello stabilimento torinese, poco prima dell’una, provocò la morte di sette operai: Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Bruno Santino, Antonio Schiavone e Roberto Scola. Alcuni di loro, investiti da un’onda di fuoco sprigionata dalla rottura di un flessibile, resistettero per lunghe settimane di agonia, prima di arrendersi a causa delle ustioni riportate su tutto il corpo.
Nell’acciaieria, dimostrò il processo di primo grado, le misure di sicurezza erano state in gran parte trascurate.
Le negligenza da parte della dirigenza. Guariniello, affiancato dai colleghi Laura Longo e Francesca Traverso, ha ripercorso i passi principali di una lunga inchiesta nata sull’ipotesi di reati colposi, dovuti a gravi negligenze della dirigenza.
Il sostituto procuratore ha ricordato le perquisizioni negli uffici, l’analisi dei documenti e della corrispondenza tra i dirigenti dell’acciaieria: attività che convinsero gli inquirenti che nella fabbrica torinese le misure di sicurezza erano state accantonate per ragioni economiche, e questo malgrado la consapevolezza che queste scelte avrebbe potuto provocare una tragedia. Infine, è stato mostrato un filmato con ricostruzione in 3d della fabbrica e della linea 5.
La difesa. “Ci aspettiamo una valutazione più serena“.
Sul fronte processuale la difesa è adesso impegnata a confutare l’intero impianto accusatorio, sottolineando la “non prevedibilità” dell’evento e alludendo a possibili negligenze degli operai come causa di quanto accaduto.
“Ci aspettiamo una valutazione più serena dei giudici di appello rispetto al primo grado – ha detto in apertura del processo d’appello l’avvocato Ezio Audisio – Non abbiamo mai attribuito la responsabilità esclusiva ai lavoratori deceduti, ma riteniamo che le negligenze emerse in primo grado abbiano un loro peso”.
La linea 5 sotto sequestro ora alla mercé dei vandali.
Harald Espenhahn, condannato a 16 anni per omicidio volontario:
– ha intanto lasciato il posto di amministratore delegato di Thyssen Acciai Speciali Terni a Marco Pucci, altro imputato nel processo
e
attualmente guida lo stabilimento di Bochum, in Germania.
Thyssenkrupp ha chiuso da tempo la sede torinese, trasferendo gli impianti in Umbria. Ma la linea 5, sotto sequestro per ordine dei giudici, è bloccata a Torino: un immenso capannone abbandonato dove saltuariamente i ladri si accaniscono sui macchinari scoperti, rubando cavi elettrici e barre di rame.
Fassino: “La sicurezza del lavoro è un riconoscimento della sua dignità“.
Ieri, giorno del quinto anniversario di una delle più scioccanti tragedia del lavoro italiano, a rappresentare il cordoglio di Torino è stata anche la cerimonia ufficiale che si è svolta presso il cimitero monumentale della città, dove il sindaco Piero Fassino ha deposto una corona in ricordo delle sette vittime. “Battersi perché un lavoro sia sicuro è la condizione fondamentale perché il lavoro sia riconosciuto nella sua dignità” – ha affermato il primo cittadino.