La morte di 110.000 persone nel 2010 poteva essere ‘posticipata’ attraverso interventi di prevenzione nella sanità pubblica, ma la grandezza della cifra è in continuo calo: in dieci anni, dal 2000 al 2010, ha segnato un -17,8% a fronte invece di un aumento generale dei decessi (+4,6).
Sono i dati contenuti nel Rapporto MEV(i) realizzato da Nebo Ricerche PA e presentati insieme all’associazione Mensa Italia al convegno ‘Prevenzione e salute: una questione di intelligenza?’.
Due decessi evitabili su tre riguardano il genere maschile ovvero 71.500, a fronte dei 38.500 che riguardano le donne, ma a livello nazionale, la mortalità evitabile degli uomini cala in modo più evidente: nel periodo 2008-2010 rispetto al 2000-2002, è scesa del 2,5% l’anno, quella femminile dell’1,7%. Il fenomeno, come prevedibile, varia sensibilmente da regione a regione. Sia per gli uomini che per le donne, le Marche sono quella con meno giorni persi, mentre in coda c’è la Campania.
Fra la migliore e la peggiore il divario medio nazionale è del 33% e arriva al 50% per quanto riguarda le donne, il che fa pensare che “c’è ancora spazio per contrastare queste morti e per farle ulteriormente diminuire”, come spiega Natalia Buzzi, direttore scientifico di Nebo Ricerche e presidente del Mensa Italia. Per farlo serve ‘una politica intelligente’, basata sulla prevenzione primaria, ovvero stili di vita, alimentazione, riduzione di alcool e tabacco, sicurezza stradale e sul lavoro: in questo modo la mortalità si dimezzerebbe. Fondamentali però anche diagnosi precoce e maggiore assistenza sanitaria, in termini di vaccinazioni, gestione delle cronicità, perché “prevenire fa risparmiare risorse a favore di tutti”, conclude Natalia Buzzi.