In particolare, la contestazione è legata alla “previsione – per la partecipazione alla gara per la individuazione delle figure dei responsabili della salute e della sicurezza sul lavoro, ai sensi del d.lgs. n. 81/2008 – del diploma di laurea in ingegneria (clausola limitativa di cui si sono doluti i ricorrenti in I grado), oltre alla capacità e ai requisiti professionali di cui all’art. 32 d. lgs. n. 81/2008.”
Il Consiglio di Stato, che si è già pronunciato sulla medesima tematica con l’ordinanza 29 luglio 2010 n. 3680, “visto l’art. 32 del D.Lgs. 9/4/08 n. 81, recante capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni;
considerato che il co.2 del citato articolo 32 prevede in linea di massima i requisiti professionali e le capacità richieste, senza peraltro individuare precisi titoli di studio;
ritenuto che, in tale situazione, nel rispetto dei principi previsti, permanga all’’Amministrazione un’area di valutazione discrezionale”, ha ribadito quanto già stabilito nel 2010.
Infatti, dopo aver richiamato il contenuto dell’art. 32 del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, la sentenza del Consiglio di Stato sottolinea che tale disposizione “non prevede, quale requisito per lo svolgimento dell’attività di responsabile e addetto ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni, il possesso della laurea in ingegneria o in architettura (lauree rientranti tra quelle di cui al comma 5); anzi l’ipotesi ordinariamente prevista, per ambedue le funzioni, è quella di un soggetto in possesso del titolo di istruzione secondaria superiore, che: abbia anche l’attestato di frequenza di specifici corsi di formazione, variamente modulati a seconda che si tratti di addetto o di responsabile (co. 2, primo e secondo periodo).
Ciò che il successivo comma 5 prevede, dunque, non è l’individuazione di un titolo di laurea particolare, onde poter svolgere le funzioni in esame, ma solo l’esclusione dalla frequenza dei corsi di cui al co. 2 (e, dunque, del possesso delle previste attestazioni) per i laureati in determinate discipline (per quel che qui interessa, in ingegneria e in architettura).”
Dunque “ne consegue che, proprio perché talune lauree non sono individuate come requisiti per l’affidamento di un servizio (e, quindi, per la partecipazione alla procedura con la quale tale servizio si intende affidare), è infondato ritenere sussistente una discriminazione tra lauree distinte ma equiparate, in quanto previste dalla legge.”
In conclusione, “nel caso di specie, l’amministrazione – che ben avrebbe potuto limitarsi a richiedere per la partecipazione i requisiti di cui al comma 2 dell’art. 32 d. lgs. n. 81/2008 – ha invece ritenuto, in corretto esercizio del proprio potere discrezionale, di richiedere il possesso della laurea in ingegneria, in tal modo “aggravando” le previsioni di legge.”
Secondo il Consiglio, pertanto, “non vi può essere alcuna violazione del principio di parità di trattamento, per avere l’amministrazione richiesto il possesso di una certa laurea in luogo di altre, pur ritenute equivalenti, laddove la legge non richiede il possesso di alcuna laurea quale requisito di partecipazione.
In tal caso, infatti, la previsione costituisce solo un legittimo esercizio del potere discrezionale concesso all’amministrazione.
Per tutte le ragioni esposte, l’appello e l’appello incidentale devono essere accolti, in relazione ai motivi indicati […].”