EEA, verso un’economia circolare per i tessuti sintetici in Europa

Le fibre tessili sintetiche sono prodotte da combustibili fossili, petrolio e gas naturale, risorse non rinnovabili che generano impatti sull’ambiente in fase di produzione e di consumo ma anche successivamente quando si trasformano in rifiuti.

La crisi dovuta al COVID-19 ha portato a un improvviso calo della domanda di prodotti tessili da parte dei consumatori che ha creato in questo comparto un vero e proprio shock, che potrebbe dare avvio a due opposti scenari: uno che vede un rallentamento nella transizione verso un tessile più circolare e sostenibile e un altro, al contrario, che determina uno slancio verso un cambiamento radicale del comparto tessile rendendolo maggiormente circolare, con risultati economici e ambientali positivi.

Dalla ripartenza post COVID-19 dipenderà anche l’adozione di nuovi modelli economici che terranno conto della potenzialità dell’economia circolare, ma affinché questa transizione si concretizzi, bisogna partire dall’analisi dei comparti produttivi, dagli elementi di criticità e dalla loro capacità di trasformazione.

Lo studio dell’Agenzia europea dell’ambiente “Plastic in textiles: towards a circular economy for synthetic textiles in Europe”, pubblicato alla fine di gennaio 2021, vuole andare in questa direzione e fornisce una panoramica sulla produzione di tessile sintetico in Europa, analizzando gli impatti ambientali e indicando alcuni ambiti su cui puntare maggiormente per trasformare il settore per renderlo più sostenibile e circolare.

Nel piano d’azione per l’economia circolare del 2020, la Commissione europea ha identificato il tessile come un settore tra quelli prioritari su cui lavorare per raggiungere modelli di economia circolare. Il piano d’azione riconosce che “i tessili sono la quarta categoria a più alta pressione per l’uso di materie prime primarie e acqua, dopo il cibo, l’alloggio e i trasporti, e la quinta per le emissioni di gas serra”. Il piano d’azione contempla la strategia dell’UE per il settore tessile volta a “rafforzare la competitività industriale e l’innovazione, dando impulso al mercato europeo dei tessili sostenibili e circolari, compreso il mercato del riutilizzo dei tessili, meno improntato al fast fashion e rivolto a nuovi modelli di business”.

In linea con il piano d’azione per l’economia circolare del 2020, questo studio e la relazione ETC/WMGE “Plastic in textiles: potentials for circularity and reduced environmental and climate impacts” evidenziano alcuni ambiti su cui lavorare per rendere la produzione e il consumo di tessuti sintetici più circolare e sostenibile:
-scelta di fibre sostenibili;
– controllo del rilascio di microplastiche;
– miglioramento della raccolta differenziata, riutilizzo e riciclaggio.

Per quanto riguarda la scelta di fibre sostenibili, questa definisce le proprietà e le prestazioni del prodotto tessile, ma determina anche l’impatto ambientale risultante. Il passaggio alle fibre naturali o a base biologica può ridurre l’uso di risorse come i combustibili fossili e anche limitare le emissioni di gas serra.

Il principio guida, secondo l’EEA, è che la scelta della fibra dovrebbe corrispondere all’applicazione del prodotto tessile, alle proprietà richieste, alla durata prevista e ai processi di fine vita. Nella fase di progettazione, vengono fatte scelte importanti sui tipi di fibre da usare per un particolare prodotto o una specifica applicazione. L’importanza della selezione delle fibre adatte allo scopo implica che non serve escludere certi tipi di fibre – per esempio quelle sintetiche – e che non esiste un tipo di fibra che da solo possa rappresentare l’industria tessile sostenibile.

Con riferimento infine al miglioramento della raccolta differenziata, del riutilizzo e del riciclaggio, questi si mostrano fondamentali per ridurre la domanda di fibre vergini e quindi raggiungere un’economia circolare.

Fonte: ARPAT

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