Pubblichiamo l’approfondimento “COVID nei luoghi di lavoro. Una ragionevole verifica della efficacia e della diligenza nella applicazione delle misure di contenimento” di Alessandro Mazzeranghi, Francesco Panzuti e Irene Cavalletto di MECQ S.r.l.
COVID nei luoghi di lavoro. Una ragionevole verifica della efficacia e della diligenza nella applicazione delle misure di contenimento
Alessandro Mazzeranghi, Francesco Panzuti e Irene Cavalletto
Tutelare la salute delle persone e della comunità
È la prima volta che i datori di lavoro, tutti, si trovano ad affrontare una minaccia così grave, estesa e complessa, per giunta a fronte di un patrimonio di conoscenze ed esperienze assai limitato. Quando è in gioco la sopravvivenza di una percentuale, seppur non grandissima, della popolazione mondiale il principio della massima precauzione DEVE essere applicato a meno che non sia fonte di diverse e più letali malattie o simili. Quindi il datore di lavoro, in casa sua (cioè nella sua azienda e con riferimento ai lavoratori che vi operano), è tenuto, prima di tutto moralmente, a garantire che tale principio sia applicato al meglio. In tal modo non agisce solo a tutela dei lavoratori, ma di tutta la comunità che da tali lavoratori, se fossero contagiati in azienda, potrebbe a sua volta subire il contagio.
Obiettivi
Gli obiettivi del datore di lavoro sono ovvi:
– Essere certo di avere adottato le migliori misure possibili sia per prevenire il verificarsi del contagio nel luogo di lavoro, sia per gestire al meglio (senza diffondere il virus) le persone che dopo essere entrate (legittimamente) nel luogo di lavoro manifestino i sintomi di un possibile contagio.
– Tutto ciò tramite un approccio sistematico che dia anche evidenza dei ragionamenti fatti e delle azioni intraprese; là dove le azioni non siano (per ragioni tecniche) di immediata attuazione è opportuno che esista un cronoprogramma e che, sino alla attuazione delle misure, siano adottate le migliori misure compensative possibili.
Tutto questo, in qualche forma, dovrà confluire nel protocollo COVID-19 reso obbligatorio ma mai dettagliatamente definito, salvo che per gli obiettivi a carattere più generale (e d’altra parte: come sarebbe stato possibile fare meglio vista la eterogeneità dei destinatari?).
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