Cassazione Penale: responsabilità del preposto di fatto per grave infortunio durante i lavori di casseratura

Cassazione Penale, Sez. 4, 01 marzo 2022, n. 7092 – Perdita di un occhio durante i lavori di casseratura: responsabilità del preposto di fatto.

Premesso che, ai sensi dell’art. 2, lett. e), d.P.R. 9 aprile 2008, n. 81, il preposto (la cui posizione è assimilabile a quella del capo cantiere) è un soggetto che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.

Il preposto assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza sul lavoro, tra cui rientra il dovere di segnalare situazioni di pericolo per l’incolumità dei lavoratori e di impedire prassi lavorative contra legem (Sez. 4, n. 4340 del 24/11/2015, dep. 2016, Zelanda, Rv. 265977). Non è configurabile la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l’infortunio occorsogli, allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (Sez. 4, n. 22813 del 21/04/2015, Palazzolo, Rv. 263497).

Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in materia, in ordine alla ricostruzione della vicenda criminosa operata in base alle indicazioni dei giudici di merito (…) la Corte di appello ha assolto il preposto in ragione dell’impossibilità di ricostruire la dinamica del fatto e dell’eventuale ricollegabilità dell’infortunio al comportamento maldestro della stessa persona offesa.
In realtà, non appare configurabile una condotta abnorme nel comportamento del lavoratore, il quale, secondo quanto pacificamente affermato dai giudici di merito, svolgeva un compito particolarmente impegnativo, in uno spazio angusto e senza la possibilità di vedere il collega che collaborava sinergicamente con lui.

Alla luce di quanto esposto, la motivazione della sentenza impugnata appare carente, mancando l’esame del tema decisivo delle direttive eventualmente impartite dal preposto, ai fini del regolare svolgimento dell’incombenza notevolmente delicata affidata ai due operai, e, specificamente, del coordinamento tra i due lavoratori, in modo da evitare che il comportamento di ognuno di loro potesse costituire fonte di pericolo per il collega.
Il preposto, infatti, deve non solo organizzare lo svolgimento del lavoro, al fine di consentire agli addetti di operare in sicurezza, stabilendo le direttive da seguire, ma deve anche, e soprattutto, controllarne costantemente il rispetto da parte dei medesimi, in modo da evitare la superficiale tentazione di trascurarle (vedi per riferimenti, Sez. 4, n. 27787 del 8/5/2019, Rossi, Rv. 276241).

Per le suindicate ragioni, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello.

Fonte: Olympus.uniurb

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