La Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso il 9 aprile 2024 tre diverse sentenze su casi riguardanti il cambiamento climatico. In un caso ha condannato la Svizzera per non aver posto in atto sufficienti misure per combattere il cambiamento climatico affermando in sostanza il principio che risolvere la crisi climatica significa garantire la tutela dei diritti umani.
La Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha emesso ha emesso il 9 aprile 2024 tre sentenze relative al cambiamento climatico.
Il caso Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e altri contro la Svizzera riguardava la denuncia di quattro donne e di un’associazione svizzera, Verein KlimaSeniorinnen Schweiz , i cui membri sono preoccupati per le conseguenze del riscaldamento globale sulle loro condizioni di vita e sulla salute. A loro avviso le autorità svizzere non adottano misure sufficienti per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. La Corte ha ritenuto che la Convenzione contempli il diritto ad una protezione effettiva da parte delle autorità statali dai gravi effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla vita, sulla salute, sul benessere e sulla qualità della vita. Tuttavia, ha ritenuto che i quattro singoli ricorrenti non soddisfacessero i criteri dello status di vittima ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione e ha dichiarato le loro denunce irricevibili. L’associazione ricorrente, invece, aveva il diritto di proporre reclamo. La Corte ha ritenuto che vi fosse stata violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare sancito dalla Convenzione e che vi fosse stata violazione del diritto di accesso al tribunale. La Corte ha ritenuto che la Confederazione Svizzera non avesse adempiuto ai suoi doveri (“obblighi positivi”) ai sensi della Convenzione sul cambiamento climatico.
Il caso Carême contro la Francia riguardava la denuncia di un ex abitante e sindaco del comune di Grande-Synthe, il quale sostiene che la Francia non ha adottato misure sufficienti per prevenire il riscaldamento globale e che tale fallimento comporta una violazione del diritto alla vita e del diritto al rispetto della vita privata e familiare. La Corte ha dichiarato il ricorso irricevibile in quanto la ricorrente non aveva lo status di vittima ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
Il caso Duarte Agostinho e altri contro il Portogallo e 32 altri riguardava i gravi effetti attuali e futuri del cambiamento climatico, che i ricorrenti attribuiscono agli Stati convenuti e che secondo loro incidono sulla loro vita, sul loro benessere, sulla salute mentale e sul pacifico godimento delle loro case. Per quanto riguarda la giurisdizione extraterritoriale degli Stati convenuti diversi dal Portogallo, la Corte ha ritenuto che non vi fossero motivi nella Convenzione per estendere la loro giurisdizione extraterritoriale nel modo richiesto dai ricorrenti. Tenuto conto del fatto che i ricorrenti non avevano intrapreso alcuna via giudiziale in Portogallo riguardo alle loro denunce, la doglianza dei ricorrenti contro il Portogallo era irricevibile anche per mancato esaurimento delle vie di ricorso nazionali. La Corte ha dichiarato irricevibili i ricorsi presentati contro il Portogallo e gli altri Stati sulla questione del cambiamento climatico.
«Queste sentenze sono un invito all’azione – ha detto l’attivista svedese Greta Thunberg, presente a Strasburgo per l’udienza – sottolineano l’importanza di portare i nostri governi nazionali in tribunale».
Fonte: CEDU