Cassazione Penale, Sez. 4, 28 maggio 2024, n. 20792 – Lavoratore autonomo incaricato di programmare un pantografo viene attinto da una “rosata” di frammenti metallici. Obbligo del datore di lavoro di adeguare le macchine.
La Corte di appello ha confermato la pronuncia del Tribunale che ha dichiarato l’imputato, in qualità di titolare della ditta, colpevole del reato di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., per avere per colpa generica e per inosservanza delle norme sulla sicurezza del lavoro cagionato il decesso del lavoratore autonomo raggiunto da frammenti metallici che determinarono emorragia, progressiva insufficienza respiratoria e scompenso emodinamico con conseguente rapida morte.
L’imputato aveva adibito il tecnico vittima dell’infortunio a lavorare su un pantografo senza averne verificato l’idoneità professionale in relazione all’attività di programmazione del macchinario, senza avergli fornito formazione e addestramento specifici e senza aver assoggettato la macchina alle misure di aggiornamento dei requisiti di sicurezza, in assenza altresì di collaudo iniziale e verifica funzionale al fine di garantire la corretta installazione e il buon funzionamento. Il lavoratore, nell’eseguire lavorazioni di prova su un pezzo di polistirolo, impostava il macchinario con velocità di rotazione di 16.000 giri al minuto della fresa (velocità enormemente superiore a quella indicata e stampigliata sulla stessa fresa di 4000 giri al minuto, nonché quella indicata nel manuale d’uso) e l’impatto con il pezzo di polistirolo causava la rottura delle lame montate sulla fresa che foravano le bandelle di protezione, si frantumavano contro la rete metallica esterna e andavano a colpirlo al volto, collo e torace cagionandone il decesso.
I profili di colpa specifica ascrivibili all’imputato sono stati individuati nell’avere dato l’incarico di programmazione del pantografo al lavoratore autonomo disinteressandosi di verificare la specifica preparazione tecnica dello stesso rispetto alla peculiare attività di cui lo investiva; nell’avere disatteso i pur minimi oneri di controllo in ordine al funzionamento ed alla sicurezza del macchinario che metteva a disposizione e rispetto al quale non procedeva ad alcun collaudo né ad alcuna verifica sul funzionamento e sull’aggiornamento dei dispositivi di sicurezza di cui era dotato. Omissioni che i Giudici di merito hanno ritenuto costituire chiara violazione degli obblighi sull’imputato incombenti, in quanto titolare della posizione di garanzia della sicurezza del luogo di lavoro, complessivamente inteso.
Avverso la sentenza di appello ricorre l’imputato.
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
Il ricorso consta di doglianze infondate, già proposte al vaglio della Corte territoriale, infatti il nesso causale non poteva dirsi in alcun modo escluso dalla circostanza relativa alla risalenza delle carenze funzionali e di sicurezza sin dal momento dell’acquisto, atteso che tra i compiti di prevenzione incombenti sul datore di lavoro vi è anche quello di dotare il lavoratore di strumenti e macchinari sicuri.
La Corte di appello destituisce di fondamento l’assunto difensivo secondo cui alla vittima, lavoratore autonomo, va mosso il rimprovero di aver accettato l’incarico, da parte del prevenuto, nella piena consapevolezza di non avere le qualifiche e le competenze adatte. Al riguardo, dopo aver ricordato come si verta in un’ipotesi di subordinazione “di fatto” e come incomba al datore di lavoro l’obbligo di accertarsi che l’ambiente di lavoro abbia requisiti di affidabilità e legalità idonei a realizzare la tutela di chi vi operi, la sentenza impugnata ha richiamato la giurisprudenza di legittimità laddove questa ha stabilito che è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore il committente che affidi lavori ad un lavoratore autonomo di non verificata professionalità (Sez. 4, n. 35534 del 14/05/2015, Gallone, Rv. 264405. In motivazione, la Corte ha precisato che l’unitaria tutela del diritto alla salute, indivisibilmente operata dagli artt. 32 Cost., 2087 cod. civ. e 1, comma 1, legge n. 833 del 1978, impone l’utilizzazione dei parametri di sicurezza espressamente stabiliti per i lavoratori subordinati nell’impresa, anche per ogni altro tipo di lavoro); e che il committente ha l’obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (Sez. 3, n. 35185 del 26/04/2016, Marangio, Rv. 267744). E ciò in quanto il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza dell’ambiente di lavoro e dunque anche quello di accertarsi che i macchinari messi a disposizione dei lavoratori siano sicuri ed idonei all’uso, rispondendo in caso di omessa verifica dei danni subiti da questi ultimi per il loro cattivo funzionamento e ciò a prescindere dalla eventuale configurabilità di autonome concorrenti responsabilità nei confronti del fabbricante o del fornitore dei macchinari stessi (vedasi in proposito Sez. 4, n. 6280 del 11/12/2007, dep. 2008, Mantelli ed altro, Rv. 238959).
Fonte: Olympus.uniurb