Cassazione Penale: irrilevante l’eventuale malore del lavoratore rispetto alla mancata adozione di protezioni atte ad impedire cadute dall’alto

Cassazione Penale, Sez. 4, 23 giugno 2025, n. 23403 – Un malore del lavoratore non rileva nella ricostruzione del nesso tra condotta inosservante del datore di lavoro (mancata adozione di protezioni atte ad impedire la caduta dall’alto) ed evento.

 

La Corte di appello ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale con cui l’imputato è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., e quindi condannato alla pena di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.
In particolare, quale titolare dell’omonima impresa individuale e quindi datore di lavoro, l’imputato è stato ritenuto responsabile dell’infortunio mortale occorso al dipendente, per non aver predisposto una protezione idonea ad impedire la caduta dall’alto, né una idonea impalcatura, e per non aver fornito i dispositivi di protezione individuale.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato lamentando anche che i giudici di merito avrebbero dovuto accertare se la morte del lavoratore fosse o meno dipesa da un improvviso malore, perché ciò avrebbe determinato una diversa valutazione sia rispetto al nesso causale tra condotta ed evento, sia rispetto al grado della colpa (e quindi dell’entità della pena), sia con riguardo alla pretesa risarcitoria.

Il ricorso è inammissibile.
Il Collegio osserva il superamento del termine per poter impugnare la sentenza, nella specie pari a quarantacinque giorni ex art. 585, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Oltre che tardivo, il ricorso è infondato.
Relativamente al verificarsi di un malore improvviso, il ricorrente lamenta di aver sollecitato i giudici di merito ad un “accertamento istruttorio” ritenuto “indispensabile” e di “incidenza decisiva” nella ricostruzione del nesso causale.
I giudici di merito, invece, hanno escluso la necessità di procedere alla rinnovazione dell’istruttoria, sia per il carattere esplorativo della richiesta, sia perché di tale malore, ipotizzato dal consulente di parte, non era emerso alcun indicatore concreto, neppure all’esito della perizia medico-legale. Hanno inoltre ritenuto che, ove pure accertato, il malore non avrebbe avuto alcuna rilevanza in punto di ricostruzione del nesso di causa tra la condotta inosservante (la mancata adozione di qualsivoglia protezione atta ad impedire la caduta dall’alto) e l’evento.
I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio secondo il quale le prescrizioni poste a tutela dei lavoratori mirano a garantire l’incolumità degli stessi anche nell’ipotesi in cui, per stanchezza, imprudenza, inosservanza di istruzioni, malore od altro, essi si siano venuti a trovare in situazione di particolare pericolo (Sez. 4, n. 11599 del 19/11/2024, dep. 2025, Santoro, non mass.; Sez. 4, n. 4917 del 01/12/2009, dep. 2010, Filiasi, Rv. 246643 – 01, secondo cui in tali casi l’infortunio non può ricondursi al caso fortuito; Sez. 4, n. 114 del 06/05/1985, dep. 1986, Smolich, Rv. 171538 – 01).
Né si potrebbe sostenere l’abnormità della condotta del lavoratore.
Le norme sulla prevenzione degli infortuni hanno la funzione propria di evitare che si verifichino eventi lesivi della incolumità, intrinsecamente connaturali alla esecuzione di talune attività lavorative, anche nelle ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali imprudenze e disattenzioni dei lavoratori, la cui incolumità deve essere sempre protetta con appropriate cautele. Nel caso di specie il lavoratore al momento dell’infortunio stava svolgendo mansioni riconducibili al ruolo da lui normalmente ricoperto nell’ambito del ciclo produttivo, e la situazione non ricopriva i caratteri di imprevedibilità, eccezionalità ed eccentricità del rischio richiesti dalla giurisprudenza per l’interruzione del nesso di causalità.

Fonte: Olympus.uniurb

Vai al testo completo della sentenza…

Precedente