Cassazione Penale, Sez. 4, 01 ottobre 2025, n. 32520 – Omessa vigilanza sul corretto uso della scala a pioli doppia e caduta del lavoratore: responsabilità del preposto.
La Corte di appello ha confermato la sentenza del Tribunale che ha dichiarato colpevole l’imputato, nella qualità di preposto e capo cantiere per i lavori edili eseguiti presso il cantiere allestito in un edificio comunale, ometteva di sovraintendere e vigilare sull’osservanza, da parte del lavoratore infortunato, delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza, in violazione dell’art. 19, comma 1, lett. a) D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. In particolare, ometteva di vigilare sul corretto utilizzo da parte del predetto lavoratore della scala a pioli doppia ovvero consentiva il suo utilizzo senza che vi fosse altro lavoratore a trattenerla ai piedi, cosicché l’infortunato, al fine di procedere alle operazioni di pulizia delle finestre dell’edificio e rimozione delle ragnatele, posizionandosi a cavalcioni sulla predetta scala, perdeva improvvisamente l’equilibrio e precipitava a terra procurandosi lesioni gravi.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso l’imputato.
Il ricorso è infondato e pertanto rigettato.
L’art. 2, comma 1, lett. e), D.Lgs. 81/2008 definisce il preposto come la “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”. In quanto tale, egli assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro (Sez. 4, n. 12251 del 19/06/2014, dep. 24/03/2015, De Vecchi e altro, Rv. 263004: “In tema di infortuni sul lavoro, il preposto, titolare di una posizione di garanzia a tutela dell’incolumità dei lavoratori, risponde degli infortuni loro occorsi in violazione degli obblighi derivanti da detta posizione di garanzia purché sia titolare dei poteri necessari per impedire l’evento lesivo in concreto verificatosi”), anche nel senso di impedire prassi lavorative contra legem.
Tanto premesso, la Corte di appello ha osservato come tutti gli elementi probatori raccolti abbiano pienamente confortato le dichiarazioni del lavoratore circa l’incarico ricevuto dall’imputato di effettuare quel lavoro di pulizia e come la prospettazione difensiva per cui il lavoratore avrebbe assunto un’iniziativa autonoma in tal senso sia risultata in contrasto con tutto quanto provato in dibattimento.
in ogni caso indipendentemente dal conferimento dell’incarico da parte dell’imputato, la sentenza impugnata ha ricordato che l’attività svolta dal lavoratore era avvenuta “palesemente sotto gli occhi” dell’imputato, il quale era secondo le testimonianze intento a pulire proprio intorno al punto dove due operai stavano lavoravano e, quindi, non poteva non avere visto il lavoratore salire sulla scala e procedere alle operazioni di pulitura.
Quanto alle asserite abnormità ed esuberanza della condotta del lavoratore, è noto che i destinatari delle norme antinfortunistiche sono esonerati da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente possa qualificarsi come abnorme. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di prevenzione antinfortunistica, affinché la condotta del lavoratore possa qualificarsi come abnorme, e come tale idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile quanto piuttosto che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748; Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386). In altri termini, per essere ritenuta interruttiva del nesso causale la condotta del lavoratore deve collocarsi in qualche modo al di fuori dell’area di rischio della lavorazione in corso. Nel solco tracciato dai principi appena enunciati, la Corte di appello ha congruamente escluso qualsivoglia abnormità od esorbitanza nella condotta dell’infortunato, che aveva ricevuto l’incarico dall’imputato, il quale era presente nelle immediate vicinanze, impegnato a sovraintendere e monitorare l’operato di due operai in un cantiere di ridotte dimensioni.
Fonte: Olympus.uniurb