Cassazione Penale: condanna del datore di lavoro e del custode giudiziario per lavoratori alloggiati in locali insicuri e sigilli violati

Cassazione Penale, Sez. 4, 03 novembre 2025, n. 35875 – Lavoratori alloggiati in locali insicuri e sigilli violati: condannati datore di lavoro e custode giudiziario.

 

La Corte d’appello ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale aveva dichiarato l’imputata A, titolare della ditta individuale sita in un immobile di civile, penalmente responsabile nella qualità di committente e datore di lavoro, garante dell’incolumità fisica dei lavoratori alle proprie dipendenze, del reato di cui all’art. 451 cod. pen. (capo A) della rubrica; e l’imputata B, nella qualità di custode giudiziario dell’immobile per civile abitazione, descritto al capo A), penalmente responsabile del reato di cui all’art. 335, cod. pen. (capo B) della rubrica. In particolare, si è contestato alla prima imputata A di avere omesso di predisporre misure prevenzionistiche contro infortuni e incendi, utilizzando luoghi impropriamente adibiti a dimora dei lavoratori e messi a disposizione dei dipendenti, in assenza di presidi antincendio, cassette di primo soccorso, segnaletica, dispositivi facilitatori di pronto esodo, in locali con impianto elettrico inadeguato, a rischio di contatto e modificato in maniera non professionale e non certificata, così creando un potenziale pregiudizio all’integrità e salute dei lavoratori e pericolo per gli edifici confinanti, essendo il fabbricato posto in un centro abitato e in continuità con altri edifici. Alla seconda imputata B, è stato invece contestato di non aver vigilato sull’integrità dell’immobile, nel quale in sede di ispezione si era riscontrata l’effrazione del sigillo apposto in sede di accesso degli ispettori ASL, risultando la predetta irreperibile.
Avverso la sentenza il difensore di entrambe le imputate ha proposto ricorso.

Il ricorso è inammissibile.
La difesa muove da assunti che risultano contraddetti da quanto riportato nelle conformi sentenze di merito, dalle quali è emerso che il primo sopralluogo aveva riguardato un unico immobile, con unico accesso, in parte rappresentato da civile abitazione con un retro adibito a magazzino. Il sequestro probatorio aveva riguardato l’intero immobile. Il secondo accesso aveva consentito di accertare la violazione dei sigilli, invero neppure contestata nell’impugnazione. L’ispezione era stata resa possibile grazie all’intervento del proprietario, per irreperibilità della custode giudiziaria nominata.
All’interno della casa erano state realizzate opere abusive (dieci dormitori, per un totale di 19 posti letto, un impianto elettrico con cavi volanti e prese multiple che alimentavano i dormitori), assenti presidi di sicurezza e sanitari per la destinazione recettiva. Nel magazzino, al momento del primo accesso, erano custoditi dei macchinari, spariti al momento del secondo accesso. L’immobile, come risulta dallo stesso tenore del capo A) dell’imputazione, si trovava nel centro abitato e confinava con altri edifici.
Orbene, i giudici del doppio grado hanno ritenuto dimostrato che la titolare della ditta era l’imputata A e che all’interno dello stabile ove si trovava la sua impresa, era stato ricavato un ambiente dormitorio senza l’osservanza delle norme di sicurezza e igieniche. La difesa si è limitata a opporre una ignoranza dell’accaduto (modifiche della destinazione d’uso di una porzione dell’immobile condotto e violazione degli obblighi derivanti dalla posizione di garante della sicurezza e igiene dei luoghi di lavoro), argomentata sulla scorta di una presunta assenza dal territorio italiano, neppure indicata specificamente nell’atto d’impugnazione. Ma, nella sentenza impugnata, si è dato atto della condizione di irreperibilità di entrambe le imputate e, quanto alla condizione di ignoranza, la Corte ha pure rappresentato la mancanza di qualsivoglia, valida delega gestoria, da ciò inferendo un negligente disinteresse dell’imputata per le sorti dell’immobile stesso, rispetto al quale la difesa nulla ha allegato.
Invero, quest’ultima si è limitata a ribadire le argomentazioni affrontate dai giudici del gravame, senza introdurre una critica che ne tenesse effettivamente conto, in spregio, peraltro, al diritto vivente, per il quale l’impugnazione, ivi compreso il ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 2268822 – 01; Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 4, n. 36154 del 12/09/2024, Tonti, Rv. 287205 – 01).
Relativamente all’imputata B, la difesa si è limitata a rilevare la non coincidenza della porzione di immobile nel quale erano presenti i macchinarti asportati, smentita dai dati riportati nelle sentenze di merito, laddove si dà atto intanto della rimozione dei sigilli, circostanza questa neppure contestata, ma anche dell’asportazione di macchinari accertata in secondo accesso, avendo i giudici del merito dato conto della condotta colposamente omissiva (omessa custodia) anche in riferimento al lasso temporale contestato (per l’appunto decorrente dal primo accesso, sino alla verifica dell’ammanco, compiuta in sede di secondo sopralluogo), da ciò inferendo, con rigore logico, che il disinteresse dell’imputata aveva riguardato un lasso apprezzabile di tempo, non potendo l’attività di asportazione esser stata istantanea. Sul punto, è già stato chiarito che il momento consumativo del reato previsto dall’art. 335 cod. pen. può essere ritenuto – anche sulla base di elementi indiziari e considerazioni logiche, nonché di massime di esperienza – coincidente con quello dell’accertamento, salvo che venga rigorosamente provata l’esistenza di situazioni idonee a confutare la valutazione presuntiva e a rendere almeno dubbia l’epoca di commissione del fatto (Sez. 6, n. 9557 del 06/02/2020, Puccio, Rv. 278666 – 01; Sez. F., n. 34281 del 30/07/2013, Franzese, Rv. 256644 – 01).

Fonte: Olympus.uniurb

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