Al VII Congresso Slow Food lanciata la campagna “Menu for Change” per fermare il cambiamento climatico

Slow Food lancia Menu for Change, la prima campagna di comunicazione e raccolta fondi internazionale che mette in relazione cibo e cambiamento climatico. Una radicale modifica dell’attuale sistema di produzione agroalimentare globale può rappresentate una delle soluzioni in grado di combattere i cambiamenti climatici in atto.

“Siamo tutti coinvolti: il cambiamento climatico è una crisi presente che richiede uno sforzo immediato e corale dell’umanità. Ogni nostra scelta farà la differenza, perché il motore del cambiamento è la somma delle nostre azioni individuali” queste le parole di Carlo Petrini, presidente Slow Food, al settimo Congresso di Slow Food a Chengdu (Cina). “Per Slow Food è un dovere occuparsi di cambiamento climatico: non esiste qualità del cibo, non esiste bontà, senza rispetto dell’ambiente, delle risorse e del lavoro. Non va dimenticato che la produzione di cibo e la sua distribuzione incidono per un quinto sul riscaldamento del pianeta”.

Slow Food lancia Menu for Change, la prima campagna di comunicazione e raccolta fondi internazionale che mette in relazione cibo e cambiamento climatico. Le emissioni agricole di produzione vegetale e animale sono tra le principali fonti di gas-serra, tra cui anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O): il sistema di produzione alimentare industriale è tra le prime cause del riscaldamento del pianeta, mentre le prime vittime di questa catastrofe annunciata sono l’agricoltura familiare, le economie pastorali e la pesca artigianale.

Il settore agricolo è responsabile del 21 – 24% (Fao 2015) delle emissioni totali, a fronte del 37% di quello energetico, 14% dei trasporti e l’11% dell’industria. Nel settore agroalimentare, la fonte principale di emissioni di gas-serra arriva dall’allevamento zootecnico che (vedi l’assurda crescita degli allevamenti intensivi) da solo, produce il 40% delle emissioni dell’intero settore. A questa fonte segue quella della distribuzione di fertilizzanti sintetici: 13% delle emissioni agricole (725 Mt CO2 eq.).

In Italia, il comparto agricolo è un emettitore netto di gas-serra e contribuisce per circa il 7% alle emissioni totali nazionali. E anche in Italia gli effetti del cambiamento climatico minano le nostre produzioni più preziose: “L’Europa ha passato l’estate con una drammatica siccità interrotta da improvvise alluvioni che hanno causato disastri idrogeologici, colpendo soprattutto le zone rurali più indifese. E il paradosso è che proprio l’agricoltura industriale contribuisce alle incessanti emissioni che scaldano il pianeta. Ma esistono modelli agricoli differenti. Bisogna agire. I governi con gli obiettivi globali di contenimento delle emissioni, ciascuno di noi con le proprie scelte quotidiane” auspica Francesco Sottile, docente di Coltivazioni arboree e Arboricoltura speciale presso l’Università di Palermo.

“Ridurre le emissioni non può più essere una possibilità da rimandare, è un obbligo. E ognuno deve intervenire: eliminiamo del tutto gli sprechi, soprattutto alimentari. Ogni europeo spreca 179 kg di cibo ogni anno. Pensate che il cibo buttato consuma una quantità d’acqua pari al flusso del fiume Volga e utilizza inutilmente 1,4 miliardi di ettari di terreno, quasi il 30% della superficie agricola mondiale. Tradotto in emissioni? Lo spreco alimentare è responsabile della produzione di 3,3 miliardi di tonnellate di gas-serra (ndr, Fao 2015). Cerchiamo di prediligere prodotti di prossimità, di mangiare poca carne ed evitare quella che arriva da allevamenti intensivi. E poi poniamoci poche e semplici domande: come è stato prodotto il cibo che condivido con la mia famiglia? Da dove arriva? Di quanta energia e di quanta acqua ha avuto bisogno? Slow Food lavora per divulgare questa conoscenza e per valorizzare e sostenere quelle produzioni che scelgono pratiche agricole e produttive resilienti ed ecologiche, le uniche che possono contribuire alla mitigazione e all’adattamento al cambiamento climatico” ha concluso Carlo Petrini.

Fonte: Slow Food

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