Altroconsumo invita al consumo consapevole e sicuro anche nella moda

#dirittiallamoda e consumo consapevole. Altroconsumo presenta “Cambiamo abito” e guida il consumatore nel processo di scelta per una moda pulita.

Rendere i consumatori consapevoli e capaci di valutare al momento dell’acquisto non solo il livello di prezzo di un capo ma anche il costo reale, sociale e ambientale, che si cela dietro un prodotto moda per raggiungere l’obiettivo di unire l’etica all’estetica nella filiera produttiva nella moda, eliminando l’utilizzo di sostanze tossiche nel processo di realizzazione dei tessuti.

Altroconsumo ha presentato i risultati dell’indagine “Cambiamo abito” e ha riunito a Roma, al convegno #dirittiallamoda, i diversi attori del sistema di produzione e controlli delle filiere insieme alle organizzazioni impegnate in campagne di sensibilizzazione e opinion maker.

Il quadro normativo è chiaro, la legge già impone in Europa, attraverso il REACH, la limitazione dell’uso di sostanze tossiche per la salute e per l’ambiente. I sistemi di certificazione volontaria delle imprese, come Oeko –Tex sono una bussola utile nella scelta per chi vuole acquistare consapevolmente. Ma insieme a Greenpeace Altroconsumo vuole di più: l’eliminazione entro il 2020 di undici classi di sostanze tossiche nel mondo della produzione moda, attraverso tappe programmate e verifiche periodiche.

Nel mirino ci sono undici classi di sostanze pericolose per l’ambiente e per la salute, tra cui ftalati, alchilfenoli etossilati, PFC, ammine associate a coloranti azoici, metalli pesanti. Sostanze ricercate da Altroconsumo nei test sul tessile e in diversi casi trovate: sui pigiamini per bambini ftalati e coloranti; sulla biancheria intima coloranti, solventi, metalli pesanti, nonilfenolo e nonilfenoletossilato; sui jeans tracce di metalli e formaldeide; sulla maglie da calcio tracce di metalli.

Altroconsumo chiede l’eliminazione e non la semplice riduzione di queste sostanze perchè essendo esposti contemporaneamente a più fonti tossiche c’è sempre il rischio dell’effetto cocktail. Senza considerare che i residui rintracciabili sul prodotto finito equivalgono solo a una piccolissima parte delle quantità usata nelle filiere di produzione e quindi immesse nell’ambiente.

Altroconsumo chiede che vestire più green e sostenibile non sia appannaggio di pochi eletti a prezzi irraggiungibili ma un modo responsabile di scegliere i capi di abbigliamento facendo attenzione alla salvaguardia dei diritti, al rispetto dell’ambiente, al premiare le aziende virtuose per spingere tutto il settore al miglioramento.
Fornire a chi acquista uno strumento concreto, come un’etichetta che racconti la storia di produzione del capo, aiuterebbe il diffondersi di una cultura della valutazione oggettiva e della scelta attiva e l’innescarsi di un processo virtuoso tra una domanda più cosciente e un’offerta più pulita.

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