La salute e sicurezza nelle aree portuali è questione che solo da alcuni lustri (non più di tre, vale a dire sostanzialmente dall’emanazione del decreto legislativo 272 del 1999) gode di un inquadramento universalmente riconosciuto nel pieno alveo della normativa generale italiana, prima decreto legislativo 626/94, poi decreto legislativo 81/08.
“Salute e sicurezza nelle aree portuali” sono ovviamente da intendersi riferite (secondo l’ambito delineato dal decreto 272/99) alle due popolazioni lavorative più caratterizzate in ambito portuale, i lavoratori delle operazioni e servizi portuali e i lavoratori del
distretto industriale della manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale.
Desta perciò come minimo stupore la recente risposta all’interpello n.10/15 che esclude l’applicabilità del DPR 177/2011 alle attività di manutenzione, riparazione, trasformazione navale nei porti disciplinate dal d.lgs. 272/99. Sull’argomento erano già intervenute le
tempestive osservazioni, del tutto condivisibili, di Associazione Ambiente e Lavoro e SNOP che mi danno lo spunto per un ulteriore riflessione più complessiva nel merito.
Per inquadrare la questione è necessario ripercorrere brevemente (e credo che a volte faccia bene) una traccia storica fondamentale, a partire dal momento in cui in Italia si delinea per la prima volta un compiuto sistema di intervento pubblico su salute e sicurezza
del lavoro, vale a dire dalla nascita, ad opera della legge di riforma sanitaria 833 del 1978, dei servizi di prevenzione e vigilanza delle ASL (allora Unità Sanitarie Locali).
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