Amnesty International Rapporto 2014-2015

Amnesty International definisce vergognosa e inefficace la risposta globale alle atrocità degli Stati e dei gruppi armati e esorta i leader mondiali a intraprendere azioni immediate e decisive per invertire un’imminente crisi globale e fare un passo avanti verso un mondo più sicuro, in cui i diritti e le libertà siano protetti.

In occasione della presentazione del suo Rapporto 2014-2015 Amnesty International ha sollecitato i leader mondiali ad agire con urgenza di fronte alla mutata natura dei conflitti e a proteggere i civili dalla terribile violenza degli Stati e dei gruppi armati.

“Assistiamo a una violenza su scala massiccia che produce un’enorme crisi dei rifugiati. Siamo di fronte a un clamoroso fallimento nella ricerca di soluzioni efficaci per risolvere le necessità più pressanti dei nostri tempi” ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia.

Il Rapporto 2014-2015 di Amnesty presenta un’analisi complessiva della situazione dei diritti umani riscontrata nel 2014 in 160 paesi e ammonisce che, se i leader mondiali non agiranno immediatamente di fronte alla mutata natura dei conflitti e non rimedieranno alle carenze identificate nel Rapporto, la prospettiva per i diritti umani nel periodo 2015-2016 sarà tetra, con:
– popolazioni civili sempre più costrette a vivere sotto il controllo quasi statale di brutali gruppi armati e sottoposte ad attacchi, persecuzioni e discriminazioni;
– crescenti minacce alla libertà d’espressione e ad altri diritti umani, tra cui le violazioni causate da nuove, drastiche leggi antiterrorismo e da sorveglianze di massa ingiustificate;
– il peggioramento delle crisi umanitarie e dei rifugiati, con un sempre maggior numero di persone in fuga dai conflitti, i governi ancora impegnati a chiudere le frontiere e la comunità internazionale sempre più incapace di fornire assistenza e protezione.

Particolare preoccupazione è data dal crescente potere di gruppi armati non statali, tra cui il quello che si è denominato Stato islamico.
Nel 2014 i gruppi armati hanno commesso abusi dei diritti umani in almeno 35 paesi, più di un quinto di quelli su cui Amnesty ha svolto ricerche.

Il Consiglio di sicurezza non ha agito di fronte alle varie crisi in Siria, Iraq, Gaza, Israele e Ucraina, neanche quando sono stati commessi crimini orrendi contro la popolazione civile da parte degli stati o dei gruppi armati, per proprio tornaconto o interessi politici. Amnesty ora chiede ai cinque stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza di rinunciare al loro diritto di veto nei casi di genocidio o di altre atrocità di massa.

Nel 2014 la sanguinosa eredità dell’afflusso di armi in paesi dove sono state usate per compiere gravi abusi da parte degli stati e dei gruppi armati ha causato la morte di decine di migliaia di civili. Amnesty chiede a tutti gli stati – compresi Stati Uniti d’America, Cina, Canada, India, Israele e Russia – di ratificare o accedere al Trattato sul commercio di armi entrato in vigore lo scorso anno, dopo una campagna di Amnesty International e di altre organizzazioni durata decenni.

Amnesty sollecita i governi ad assicurare che la loro risposta alle minacce contro la sicurezza non metta a rischio i diritti umani fondamentali o alimenti ulteriore violenza. Il Rapporto 2014-2015 descrive il modo in cui molti governi, nel 2014, hanno invece adottato tattiche draconiane e repressive, come in: Afghanistan, Kenya, Nigeria, Pakistan, Russia e Asia Centrale, Turchia.

Una tragica conseguenza dell’incapacità della comunità internazionale di reagire di fronte alla mutata natura dei conflitti è una delle peggiori crisi dei rifugiati cui il mondo abbia mai assistito, con milioni e milioni di persone in fuga dalla guerra e dalla persecuzione, quattro dei quali solo dalla Siria.

Il Rapporto 2014-2015 contiene un capitolo riguardante l’Italia. Al centro delle preoccupazioni di Amnesty restano la perdurante assenza del reato di tortura nella legislazione nazionale, la discriminazione nei confronti delle comunità rom, la situazione nelle carceri e nei centri di detenzione per migranti irregolari e il mancato accertamento – nonostante alcuni progressi ­– delle responsabilità per le morti in custodia.

Fonte: Amnesty

Approfondimenti

Precedente

Prossimo