In natura, nell’acqua potabile – come del resto nell’aria, nel terreno, negli alimenti ecc. – sono presenti elementi radioattivi in quantità solitamente non dannose per la salute. Di conseguenza, l’assunzione di radionuclidi da parte dell’uomo fa parte della normale esposizione alla radioattività naturale, che è stata calcolata essere mediamente 2,4 mSv/a (milli Sievert all’anno).
Tuttavia, in alcuni casi, come ad esempio nelle aree particolarmente ricche di radon, la presenza di radioattività naturale può essere significativamente più alta della media, creando la possibilità di rischi sanitari al pari di quella artificiale.
Perciò, indipendentemente dall’origine naturale o artificiale della radioattività, la legislazione di radioprotezione indica i livelli di riferimento al di sotto dei quali non sono ipotizzabili rischi per la salute.
In Italia questi parametri sono normati dal D. Lgs. 28/2016 e il controllo della radioattività nelle acque potabili è demandato alle Regioni, che si avvalgono delle Agenzie Ambientali, quale organo tecnico a supporto, e delle A.T.S. (Agenzie di Tutela della Salute, ex A.S.L.).
Nella nostra regione, le misure di radioattività vengono effettuate già da diversi anni dal Centro Regionale di Radioprotezione (CRR) di ARPA Lombardia, nei laboratori del di Milano e Bergamo.
Dalle campagne effettuate finora non sono mai emerse situazioni critiche. Attualmente è in corso un’indagine più estesa secondo le indicazioni della normativa vigente.