Bangladesh, 370 morti. Arrestati proprietario e altri responsabili

Bangladesh, 370 morti. Arrestato proprietario edificio

Nelle ultime ore il bilancio delle vittime del crollo del palazzo di Dacca è salito a 370, mentre i feriti sono oltre 1.200.

Il palazzo di 8 piani è crollato mentre erano in corso lavori per la costruzione di un nono piano.

La polizia del Bengladesh ha arrestato Mohammed Sohel Rana, proprietario dell’edificio di otto piani crollato mercoledì scorso alla periferia di Dacca.

Lo riferisce il quotidiano online Bdnews24.

L’agenzia di stampa Bss, da parte sua, ha citato il ministro per le Amministrazioni locali, Jahangir Kabir, secondo cui Rana è stato preso mentre cercava di fuggire dal Paese.
Ora la polizia è alla ricerca di uno spagnolo, David Mayor, direttore della Phantom Tac, joint venture tessile fra la bengalese Phantom Apparels e la spagnola Textile Audit Company (Tac), che occupava uno dei piani dell’edificio crollato.

All’interno del Rana Plaza building si trovavano numerosi stabilimenti tessili, banche e negozi.

L’edificio, situato a Savar, 25 chilometri a nord est della capitale del Bangladesh, è crollato mentre erano in corso lavori per la costruzione di un nono piano.

Violenti disordini si sono registrati stamattina quando una folla oceanica, inclusi migliaia di lavoratori dell’industria tessile del Bangladesh, è scesa in strada per protestare.
Lo riferiscono i media locali, riferendo di scontri fra manifestanti e polizia, che ha usato lacrimogeni e proiettili di gomma. Due fabbriche di confezioni sono state incendiate, mentre decine di automezzi risultano danneggiati.

Gli operai hanno anche bloccato una autostrada per il secondo giorno consecutivo.
I media precisano che i vigili del fuoco non hanno potuto raggiungere le fabbriche attaccate dai manifestanti e che gli incendi non sono quindi stati ancora spenti. I lavoratori, che protestano all’incrocio di Chandana, chiedono la pena di morte per i responsabili della sciagura del “Rana Plaza” crollato mercoledì mattina e che ospitava in condizioni di sicurezza assolutamente precarie cinque aziende di abbigliamento per l’esportazione.

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