Casa: 3 miliardi di evasione per locazioni non registrate.

Con questo titolo, il quotidiano Il Sole 24 ore apre la prima pagina pubblicando una indagine dei giornalisti Dell’Oste e Fossati dalla quale risulta che la perdita di gettito fiscale per locazioni in nero, edifici non accatastati ed “ex rurali” risulta pari a 3 miliardi.

Quasi 3 miliardi di euro di evasione legata agli immobili, tra affitti non registrati ed edifici non accatastati (case fantasma mai dichiarate ed ex rurali.

E’ la cifra che emerge incrociando i dati dell’Agenzia del Territorio e del Dipartimento delle Finanze. Un fiume di risorse – denunciano gli autori dell’indagine –che sfugge al fisco di cui sono responsabili – per quasi un miliardo di euro – le 500 mila case affittate in nero. Senza contare i falsi comodati e le altre forme di irregolarità. Nel Mezzogiorno la percentuale di affitti irregolari ammonta al 34,5% rispetto al 15,1% di media nazionale. Gli edifici non accatastati sono 2,8 milioni, contando le “case fantasma” che non appaiono sulle mappe e gli ex edifici rurali.

In sostanza, a livello nazionale sono affittate illegalmente da parte dei proprietari privati 15 abitazioni su 100, ma nelle regioni meridionali si sale a una su tre.
La perdita di gettito colpisce lo Stato, sotto forma di minori imposte dirette ma anche i Comuni che non ricevono ICI. Il nodo dei non dichiarati .

I 55 milioni di fabbricati censiti sono stati analizzati sotto il profilo dell’utilizzo, in base a quanto dichiarato da 19 milioni di contribuenti nei quadri B ed RB dei modelli e Unico. I 31 milioni di abitazioni sono quindi risultati essere, per quasi la metà (14.596.735) abitazioni principali, mentre 4,14 milioni sono case tenute a disposizione e solo 2,8 milioni risultano locale. Per 732mila l’utilizzo non è stato ricostruito e ben 2,89 milioni di abitazioni regolarmente censite non sono state riscontrate in dichiarazione. E fin qui stiamo parlando di abitazioni di proprietà di persone fisiche.

Considerando i dati complessivi, cioè i 55 milioni di fabbricati totali, le unità non riscontrate sono ben 6,02 milioni, il 10,9% del totale. Come si spiega questa massa di mattoni conosciuti al Catasto, ma non all’Agenzia delle Entrate? In parte con la presenza di molti contribuenti “sotto soglia”, che cioè incassano solo il proprio stipendio e sono proprietari della casa d’abitazione o poco più, che quindi no n risultano (legittimamente) nella dichiarazione. In parte sono immobili strumentali di imprese o immobili di enti pubblici che (sempre legittimamente) non li devono dichiarare. Ma nel resto si annida altra evasione, ancora non quantificabile.

Le azioni di contrasto. Mentre le associazioni dei proprietari chiedono la cedolare secca, cioè un’aliquota fissa con cui tassare i proventi delle locazioni, la Guardia di Finanza si impegna sul territorio.
L’indagine de “Il sole 24 ore” sottolinea che una parte della responsabilità di questa evasione è da attribuire anche ai Sindaci che in merito ai “classamenti” degli immobili non hanno sufficientemente sfruttato la norma per adeguare le norme in materia. La norma c’è, ma lo usa meno del 10% dei Sindaci. Solo 594 su 8.103 Comuni sfruttano la norma per aggiornare le rendite catastali.

Lo strumento è il comma 336 dell’articolo 1 della Finanziaria 2005. In teoria doveva servire a scovare i proprietari che non hanno dichiarato in Catasto le migliorie dei propri immobili.L’obiettivo era di individuare tutti i fabbricati che hanno subito interventi di riqualificazione che ne hanno accresciuto il valore, evadendo una bella cifra di ICI. In pratiche l’abolizione dell’ICI sull’abitazione principale rischia di relegarlo nel dimenticatoio (anche se resta la possibilità di agire per gli arretrati, oltre che per le seconde case).

D’altra parte – anche quando la prima casa era soggetta a ICI – il comma 336 era rimasto confinato ai piccoli numeri: secondo l’Agenzia del Territorio, i due terzi dei Comuni che lo utilizzano hanno effettuato accertamenti su meno di 50 immobili.

(LG-FF)

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