Cassazione Civile, Sez. Lav., 05 settembre 2024, n. 23850 – Diritto di critica – anche aspra – del sindacalista nei confronti del datore di lavoro: il limite è la correttezza formale.
Importante sentenza della Corte di Cassazione (sez. Lavoro/23850 del 5 settembre 2024) sulla figura del Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza. I giudici hanno dichiarato illegittima la sanzione disciplinare inflitta da un’azienda a un dipendente per le sue dichiarazioni ai media in materia di incidenti sul lavoro. La sentenza, oltre a ribadire la centralità dell’articolo 39 della Costituzione, sulla libertà di organizzazione sindacale, afferma che l’attività del RLS debba essere equiparata a quella di un rappresentante sindacale.
La Corte di cassazione sottolinea come l’atto elettivo del rappresentare dei lavoratori ponga questa figura nell’ambito dell’organizzazione sindacale e che quindi la sua tutela debba essere garantita come per le altre figure sindacali. Quindi, pur essendo come lavoratore vincolato alla subordinazione è, in quanto rappresentante sindacale, libero nell’esercizio delle sue funzioni.
La Corte di Cassazione ha ravvisato inoltre nel profilo delle dichiarazioni rese ai media dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza caratteristiche “nei limiti della continenza e riconducibili al diritto di critica”; limiti che vengono superati solo con l’attribuzione all’impresa datoriale o a suoi dirigenti di qualità apertamente disonorevoli e di riferimenti denigratori non provati. I giudici di legittimità non hanno mancato, inoltre, di evidenziare che, ricomprendendo il ruolo di RLS nell’area dei soggetti tutelati come i lavoratori sindacalisti portatori di interessi collettivi, “la manifestazione di solidarietà ad altri lavoratori con generale valenza politico-sindacale rientra nell’ambito del diritto di critica e del diritto di manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelati”.
Il fatto: la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento dell’appello dell’imputato, in riforma della sentenza del Tribunale dichiarava l’illegittimità della sanzione disciplinare della sospensione per dieci giorni dal lavoro e dalla retribuzione, comminatagli da Trenitalia (di cui era dipendente con mansioni di macchinista), condannava la società al pagamento in favore del lavoratore della somma pari alla retribuzione non percepita per i giorni di sospensione: La Corte, in particolare, rilevato che il dipendente rivestiva all’epoca la carica di coordinatore nazionale Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ex art. 50 D.Lgs. n. 81/2008, a differenza del Tribunale riteneva che le sue affermazioni, apparse sul portale di informazione on-line UnoNotizie.it e in una dichiarazione riportata sul quotidiano Il Tirreno (riguardante dati sugli incidenti ai viaggiatori per guasti alle porte e sui decessi per infortuni sul lavoro, poi rettificata circa il periodo temporale di riferimento, stante il fraintendimento del giornalista), fossero state espresse nei limiti della continenza e riconducibili al diritto di critica, in particolare quello riconosciuto al lavoratore sindacalista con caratteristiche tipiche della dialettica sindacale, che possono risultare più aspre e rivendicative rispetto al diritto di critica spettante a ciascun lavoratore, essendo il sindacalista titolare anche di un di un diritto funzionale al perseguimento e alla tutela di interessi collettivi di rilevanza costituzionale (artt. 2 e 39 Cost.).
Per la cassazione propone ricorso la società con sei motivi. La Corte rigetta il ricorso.
Fonte: Olympus.uniurb