Cassazione Civile: licenziamento del lavoratore disabile, è necessario il parere della commissione medica

Cassazione Civile, Sez. Lav., 02 luglio 2024, n. 18094 – Licenziamento del disabile: non basta l’esternalizzazione del servizio e l’inidoneità fisica del dipendente. E’ necessario il parere della commissione medica.

 

La Corte di Appello con la sentenza qui impugnata, nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato dalla società nei confronti del dipendente disabile assunto obbligatoriamente in quanto iscritto negli elenchi di cui alla legge n. 68/99, per giustificato motivo oggettivo rappresentato dalla “esternalizzazione del servizio di manutenzione”.
La Corte territoriale ha ritenuto che dal compendio probatorio acquisito fosse emersa la sussistenza della soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore licenziato in quanto affidato a ditta esterna e che, nel caso di specie, la possibilità di repêchage (ricollocazione del dipendente in azienda) debba essere esclusa – tenuto conto che, da un lato, il lavoratore non era in possesso dei necessari titoli abilitativi per poter condurre mezzi speciali, né aveva esperienze pregresse nelle mansioni impiegatizie e che era oggetto di prescrizioni mediche (essendo affetto da rachipatia lombare) che precludevano l’utilizzo in mansioni comportanti movimentazione di carichi sopra l’altezza delle spalle ovvero esposizione a forzi ripetitivi e/o a vibrazioni mano-braccio per cui non poteva essere assegnato a compiti di raccolta dei rifiuti “porta a porta”. Ha quindi espresso il convincimento che “dall’istruttoria espletata in prime cure non può trarsi prova, neanche indiziaria, della sussistenza di posti di lavoro disponibili per mansioni equivalenti e, quand’anche inferiori, compatibili con la professionalità del lavoratore licenziato”.
Il lavoratore ha proposto ricorso per la cassazione.

La Corte accoglie il ricorso in quanto la società ha proceduto al licenziamento del disabile, assunto obbligatoriamente, al di fuori della procedura prevista dall’art. 10, comma 3, l. n. 68 del 1999.
Seppur il lavoratore in primo grado abbia lamentato la “omessa applicazione dell’art. 10, comma 3, l. n. 68/1999” il Collegio adito si è limitato ad argomentare esclusivamente sul comma 4 dell’art. 10 l. n. 68/99, concernente la violazione della quota di riserva, oltre che sull’impossibilità di repêchage sulla base dei criteri ordinari in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo; tuttavia, ha anche escluso la possibilità di un utilizzo in diverse mansioni sulla base della inidoneità fisica al compimento di mansioni di raccolta rifiuti porta a porta senza, però, che ciò fosse accertato dalla competente commissione integrata prevista dal comma 3 dell’art. 10 citato.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata affinché il giudice del rinvio si pronunci sul motivo di reclamo concernente la “omessa applicazione dell’art. 10, comma 3, l. n. 68/1999” applicando, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., il seguente principio di diritto:
“Il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro della persona con disabilità assunta obbligatoriamente, nel caso di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, solo nel caso in cui la speciale commissione integrata di cui all’art. 10, comma 3, l. 12 marzo 1999, n. 68, accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro; tra le significative variazioni dell’organizzazione del lavoro rientra anche l’ipotesi in cui il datore di lavoro sopprima il posto cui è assegnato il disabile e occorra verificare se questi possa essere riutilizzato in azienda in altre mansioni compatibili con il suo stato di salute”.

Fonte: Olympus.uniurb

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