Cassazione: datore lavoro condannato per infortunio mortale lavoratore guida carrello elevatore insicuro

La Sentenza della Cassazione Penale 31 maggio 2012, n. 21199 in merito La sentResponsabilità di un datore di lavoro per infortunio mortale di un lavoratore alla guida di un carrello elevatore: mezzo non sicuro e mancanza di cinture di sicurezza.

La Sentenza della Cassazione Penale del 31 maggio 2012, n. 21199 conferma la condanna di un datore di lavoro per le responsabilità in merito ad un infortunio mortale di un lavoratore alla guida di un carrello elevatore: mezzo non sicuro e mancanza di cinture di sicurezza.

Il lavoratore era alla guida di un carrello elevatore e, per effetto di un errore di manovra non esattamente definito, determinava il ribaltamento del veicolo cui conseguiva l’impatto tra il cranio e le strutture metalliche dell’abitacolo, che cagionava lesioni letali.

All’imputato è stato mosso l’addebito di aver messo a disposizione del dipendente un carrello:
– privo di cintura di sicurezza
e
– con struttura metallica dell’abitacolo insicura.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione

Il ricorso è infondato e la sentenza conferma la condanna del datore di lavoro.

La sentenza impugnata premette che il sinistro ha avuto luogo per un errore commesso dal (Omissis) nel corso dell’esecuzione di una manovra mentre si trovava alla guida del carrello. Si aggiunge che l’impatto del cranio ha avuto luogo con le strutture metalliche del veicolo. A tale riguardo viene compiuta diffusa, minuziosa analisi del materiale probatorio e soprattutto dei rilievi fotografici e delle tracce di sangue per dimostrare che l’impatto è avvenuto con la parte anteriore del tettuccio che, costruito artigianalmente, era insicuro essendo costituito da materiale anelastico. Il corpo, dunque, non ha mai impattato con il terreno. In tale situazione ha avuto sicuro rilievo la mancanza di cintura di sicurezza. Infatti, la frattura scomposta della regione occipitale è conseguenza del ribaltamento del mezzo e del conseguente sbalzamento del suo conducente, ma anche del peso del corpo che, proiettato all’indietro, ha costituito sovraccarico di notevole entità per il cranio. Si aggiunge che il consulente ha rimarcato che se fosse stata indossata la cintura, di cui il mezzo era sprovvisto, il bacino del conducente sarebbe rimasto vincolato, con la conseguenza che l’urto sarebbe stato molto meno violento, con conseguenze de tutto differenti da quelle verificatesi. Si aggiunge, a completamento del quadro, che la cabina era irregolare e che il conducente non indossava il casco che avrebbe costituito una efficace protezione. Anche nell’ipotesi che tale apparato fosse stato fornito, incombeva comunque sul datore di lavoro l’obbligo di assicurare l’osservanza della normativa antinfortunistica.

Tale argomentato apprezzamento è basato su plurime e significative acquisizioni probatorie ed è supportato dalle valutazioni del consulente tecnico. Esso è immune da vizi logico giuridici e non è quindi sindacabile nella presente sede di legittimità. Nel suo nucleo, la pronunzia dimostra persuasivamente che la mancanza della cintura di sicurezza ventrale ha avuto un decisivo ruolo nella dinamica del sinistro, incrementando in modo drammatico l’entità dell’impatto del cranio con le parti metalliche del veicolo e cagionando quindi l’evento letale. Tale valutazione fonda correttamente il giudizio di colpevolezza e l’affermazione di responsabilità.

3.2 Quanto al trattamento sanzionatorio si considera che l’imputato è gravato da tre pregiudizi penali, tutti afferenti alla violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro e ciò non consente la concessione delle attenuanti generiche, mentre la sanzione è stata già individuata nel minimo edittale. Pure tale valutazione è immune da censure, giacchè tiene conto dei ripetuti e specifici precedenti a fronte di una sanzione di non marcato rilievo.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

(Red)

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