Cassazione Penale, Sez. 4, 07 agosto 2025, n. 29235 – Decesso del lavoratore che si arrampica lungo i montanti della scaffalatura e viene travolto dal crollo di un bancale. Condanna definitiva dei vertici della Srl per omessa gestione del rischio.
La Corte d’Appello, in riforma della sentenza del Tribunale che aveva dichiarato gli imputati A e B colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti (per entrambi il reato di cui agli artt. 113, 589, commi 1 e 2, cod. pen., 40, commi 1 e 2, cod. pen. e per il solo A plurime violazioni del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81) e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sull’aggravante contestata, li aveva condannati entrambi ad una pena di reclusione per il primo reato e solo il A al pagamento di ammenda per i restanti reati, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di A in ordine ai reati sub 1), 2) e 3) del procedimento riunito n. 1037/16 perché estinti per intervenuta prescrizione e per l’effetto ha ridotto la pena di reclusione inflitta ad A confermando nel resto la sentenza impugnata.
Ad entrambi gli imputati (B in qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante nonché RSPP pro tempore della società e A in qualità di consigliere di amministrazione della stessa suddetta) datori di lavoro del lavoratore C è contestato di aver cagionato il decesso di quest’ultimo, magazziniere presso l’unità locale della società, per colpa consistita nell’inosservanza delle norme di cui all’art. 15 lett. c) e d) D.Lgs. n. 81 del 2008, ossia nell’omessa eliminazione o riduzione dei rischi e nell’omessa organizzazione del metodo di lavoro in modo da ridurre i rischi sulla salute dei lavoratori.
Al solo A venivano contestate le contravvenzioni di cui agli artt. 69, 71, 87, 105, 107, 111, 162 e 163 d.lgs. n. 81 del 2008.
Dalla ricostruzione effettuata dalle sentenze di merito i fatti possono essere così riassunti: il lavoratore dovendo prelevare della merce stoccata sugli scaffali all’interno di una delle celle frigorifere del magazzino, non disponendo di un sistema di gestione della merce che ne consentisse l’individuazione automatica, si arrampicava lungo i montanti di una scaffalatura e veniva travolto dal crollo accidentale di un bancale di merce refrigerata decedendo dopo un’ora per asfissia meccanica violenta.
Sulla base delle testimonianze rese dai colleghi intervenuti per primi e dall’esame dei luoghi è stato accertato che C, arrampicatosi ad una quota di circa otto metri, mentre stava controllando ed aggiustando un bancale di seppie surgelate, utilizzando quale piano di calpestio la superficie del bancale sottostante, nella colonna a fianco, si era ad esso tenuto fino a che lo stesso si era ribaltato e lo aveva travolto. Si accertava inoltre che le celle frigorifere di cui si componeva l’unità locale venivano utilizzate per lo stoccaggio in conto terzi di merci surgelate conservate ad una temperatura di 24 gradi sotto zero; le merci venivano confezionate in unità di carico costituite da bancali di legno e dalle scatole dei prodotti, avvolte da un film plastico ed impilate sulle scaffalature; in base alla propria necessità il proprietario delle merci ne chiedeva l’estrazione alla società e le riceveva tramite vettore.
Si ricostruiva poi che, in fase di prelievo, gli operatori della società potevano consultare un database nel quale tuttavia era indicato unicamente, a differenza di quanto avveniva presso l’altra unità della società, il numero della cella e non anche la posizione esatta dei singoli bancali sulle scaffalature, mentre i codici alfanumerici identificativi della merce venivano riportati unicamente su un foglio apposto sulla parete frontale del bancale.
In sintesi, non erano state approntate le misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio prevedibile che il lavoratore si arrampicasse, tanto più se si considerava che la conformazione dei bancali permetteva una facile scalata tanto che il giorno dell’incidente i colleghi si erano arrampicati proprio per raggiungere il corpo della vittima.
Sulla base di tale piattaforma probatoria, ed esclusa l’abnormità della condotta del lavoratore, il giudice di primo grado ha ritenuto la penale responsabilità di entrambi gli imputati per la mancata adozione di un sistema che consentisse lo svolgimento delle operazioni in quota in sicurezza e il giudice d’appello ha confermato l’impianto logico-motivatorio della sentenza di primo grado, riformandola unicamente con riguardo ai reati contravvenzionali estinti per prescrizione con conseguente riduzione della pena inflitta a A.
Avverso la sentenza d’appello entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.
I ricorsi, manifestamente infondati, sono dichiarati inammissibili.
La sentenza impugnata ha ritenuto che i mezzi messi a disposizione non fossero sufficienti a consentire lo svolgimento in sicurezza delle operazioni di prelievo della merce dalla cella frigorifera.
Il primo dato rilevante è che il software in uso presso l’unità consentiva solo l’individuazione della cella dove si trovavano le merci ma non la collocazione delle stesse all’interno della cella (le celle hanno dimensioni di campi da tennis) per cui, in mancanza di un sistema informatizzato, era il singolo lavoratore a dover individuare la collocazione della merce da prelevare.
Dalla lettura di entrambe le sentenze si evince poi che il reperimento del prodotto era affidato ad un foglio affisso sul bancale ma anche tale operazione non risultava agevole tenuto conto che:
– i bancali erano riferibili a prodotti diversi (come mostrato dalla fotografia riportata nella relazione del c.t.);
– B stesso nel corso dell’interrogatorio ha riconosciuto che le scaffalature non erano contrassegnate da lettere o numeri e che i lavoratori segnavano il punto su un foglio o piantina, quindi con modalità empiriche;
– nei bancali siti al piano superiore i cartelli non erano leggibili (per effetto dell’altezza dal suolo, della insufficiente luce proveniente dalle lampade del soffitto e la presenza di condensa).
Tale sistema non eliminava pertanto il rischio che il singolo lavoratore si arrampicasse per individuare de visu la merce, anche perché gli strumenti messi a disposizione per salire in quota erano costituiti da un carrello con un braccio su cui manualmente andava montato un cestello che poteva operare solo con la presenza di due operatori, di cui uno ai comandi e l’altro sul cestello. Mentre l’alternativa era costituita da un muletto azionabile da un solo operatore che consentiva di prelevare il bancale dallo scaffale e controllare la corrispondenza a quanto prelevato così da non garantire il rintraccio del prodotto richiesto.
Tale situazione aveva quindi condotto alla prassi di arrampicarsi alle scaffalature, prassi confermata dalle prove testimoniali ed implicitamente riconosciuta dallo stesso imputato B che nel corso del suo interrogatorio ha affermato che vi erano state delle diffide verbali ai lavoratori proprio in relazione a tale condotta.
Quanto all’asserita abnormità della condotta del lavoratore, va rilevato che in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Rv. 284237). La Corte territoriale, facendo corretta applicazione di tale principio, ha escluso la ricorrenza di tale ipotesi tenuto conto che C era un magazziniere e la condotta di arrampicarsi sugli scaffali era conseguenza delle difficoltà di individuazione dei bancali da prelevare e, pertanto, non era estranea all’area di rischio che il datore di lavoro era chiamato a governare.
Va inoltre ricordato che nelle società di capitali, gli obblighi relativi alla sicurezza del lavoro gravano su tutti i membri del consiglio di amministrazione che, pur in caso di delega di funzioni ex art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, o di delega di gestione ex art. 2381 cod. civ., rispondono dell’evento lesivo che costituisca concretizzazione della totale assenza di procedimentalizzazione dell’attività lavorativa, quale espressione di una politica aziendale volta a subordinare al profitto le esigenze della sicurezza (Sez. 4, n. 40682 del 03/10/2024 Rv. 287206).
Fonte: Olympus.uniurb