I ricorrenti sostenevano che non fosse possibile addebitare la responsabilità per i prodotti immessi in commercio, da cui scaturisca un danno alla collettività, a chi si sia limitato ad acquistare un bene per il quale sia stata rilasciata una certificazione di conformità alle norme UNI EN ISO 9001.
La Corte di Cassazione in questa sentenza ha precisato che “le disposizioni che hanno dato attuazione alle cosiddette dell’Unione Europea (d.P.R. 24 luglio 1996, n. 459, cosiddetta, che ha disciplinato i presidi antinfortunistici concernenti le macchine e i componenti di sicurezza immessi sul mercato denominata Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine), pur indicando le prescrizioni di sicurezza necessarie per ottenere il certificato di conformità e il marchio CE richiesti per immettere il prodotto nel mercato, non escludono ulteriori profili in cui si possa sostanziare il complessivo dovere di garanzia di coloro che pongono in uso il macchinario nei confronti dei lavoratori, che sono i diretti utilizzatori delle macchine stesse, non potendo costituire motivo di esonero della responsabilità del costruttore quello di aver ottenuto la certificazione e di aver rispettato le prescrizioni a tal fine necessarie. È stato anche chiarito che l’obbligo di aggiornamento previsto a carico del datore di lavoro dall’art.4, comma 5, lett.b) d. lgs. 19 settembre 1994, n.626 (ora art.18, comma 1, lett.z), d.lgs. 9 aprile 2008, n.81) va valutato in relazione al generale obbligo incombente sul datore di lavoro di adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori; quest’ultimo è, infatti, un obbligo assoluto che non consente, anche in considerazione del rigoroso sistema prevenzionistico introdotto dal citato decreto legislativo, la permanenza di macchinari pericolosi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (Sez.3, n.47234 del 4/11/2005, Carosella, Rv. 233191)”.