Cassazione Penale: E’ sempre necessaria la formazione dei dipendenti sull’attrezzatura da lavoro, anche quando questi abbiano maturato esperienza pluriennale.

Sentenza della Cassazione Penale del 26 maggio 2014 n. 21242

Con sent. n. 21242/2014 la Cassazione Penale ha affrontato la questione della responsabilità di un datore di lavoro per un infortunio verificatosi a danno di un dipendente che non era stato adeguatamente formato sull’ utilizzo dell’attrezzatura da lavoro.
Nello specifico il dipendente, mentre stava lavorando su un apparecchio tritacarne indossando guanti di ferro, con la mano sinistra infilata nel macchinario veniva a contatto con la lama del medesimo, ferendosi e riportando l’amputazione di due falangi.
In primo e secondo grado il datore veniva ritenuto responsabile dell’evento per non aver adeguatamente formato il lavoratore sull’uso della attrezzatura di lavoro ed in particolare sulla funzione del dispositivo di protezione rappresentato dal vassoio del tritacarne e sulla pericolosità insita nell’utilizzo di guanti con maglie di ferro nell’impiego del macchinario.
Avverso la decisione di secondo grado è stato proposto ricorso.
La Suprema Corte, al fine dirimere la questione oggetto di causa, ha espressamente richiamato, ratione temporis, il d.lgs. n. 626/94, che all’art. 3, co. 1 lett. s) poneva la “informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro” tra le misure generali di tutela, distinguendole peraltro dalla diversa ed ulteriore misura generale costituita dalle “istruzioni adeguate ai lavoratori [art. 3, co. 1, lett. t) d.lgs. n. 626/94 ; similmente il d.lgs. n. 81/2008, all’art. 15, co. 1, lettere da n) a q)].
La Cassazione ha altresì aggiunto che “gli artt. 21 e 22 del citato decreto prevedevano e definivano i contenuti degli obblighi di informazione e di formazione, intesi quindi come attività ed obiettivi distinti. In particolare, per quel che qui più interessa, dell’attività di formazione veniva scandito: a) l’oggetto, dovendo aver attinenza specifica al posto di lavoro e alle mansioni assegnate al lavoratore; b) la temporalità, essendo evidenziati per la sua somministrazione i momenti dell’assunzione, del trasferimento o cambio di mansioni, dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi, nonché la modifica per evoluzione o per innovazione del quadro dei rischi; c) il coinvolgimento degli organismi paritetici previsti dall’art. 20 (ancora più dettagliato e portatore di limitazioni alle scelte datoriali, quanto a contenuti e modalità di somministrazione dell’attività di formazione, è l’art. 37 d.lgs, n. 81/2008).”
Pertanto, in virtù delle disposizioni normative sopra riportate, la Corte ha concluso enunciando il seguente principio: “in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro. L’apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e delle prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione legislativamente previste, le quali vanno compiute nella cornice formalizzata prevista dalla legge”.
Nel caso in oggetto, al contrario, è stata rilevata la negligenza del datore in relazione a suddetta formazione e/o addestramento, da cui è conseguentemente derivata la sua responsabilità nell’infortunio.
Il ricorso è stato giudicato infondato e, pertanto, rigettato.

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