Si tratta allora di capire se tali obblighi fossero diretti alla salvaguardia della sicurezza del solo personale autorizzato a utilizzare quelle attrezzature all’interno dello stabilimento o se essi si riferiscano anche alla sicurezza di tutti coloro che vi si trovino impegnati in attività lavorativa, ancorché terzi estranei all’organizzazione.
In linea generale, questa sezione ha già definitivamente chiarito che il datore di lavoro che, con una propria condotta, abbia determinato l’insorgere di una fonte di pericolo, è titolare di una posizione di garanzia inerente ai danni provocati non soltanto ai propri dipendenti, ma anche ai terzi che frequentano le strutture aziendali (cfr. sez. 4 n. 38991 del 10/06/2010, Quaglieri e altri, Rv. 248850). Ed infatti, la configurabilità della circostanza aggravante della violazione di norme antinfortunistiche esula dalla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, atteso che il rispetto di tali norme è imposto anche quando l’attività lavorativa venga prestata anche solo per amicizia, riconoscenza o comunque in situazione diversa dalla prestazione del lavoratore subordinato, purché detta prestazione sia stata posta in essere in un ambiente che possa definirsi di “lavoro” (cfr. sez. 4 n. 7730 del 16/01/2008, Musso, Rv. 238757).
Alla stregua di tali consolidati principi, tenuto conto che la corte d’appello si è limitata ad affermare l’insussistenza dell’aggravante contestata, escludendo inoltre la posizione di garanzia dell’imputato solo in virtù della estraneità dell’infortunato alla organizzazione lavorativa facente capo al primo, la sentenza deve essere annullata con rinvio.