Cassazione Penale, Sez. 4, 12 novembre 2024, n. 41393 – Cliente scivola sulla soglia di marmo della farmacia: assenza dello specifico presidio di sicurezza delle strisce anti scivolo.
Il Tribunale di Padova ha assolto l’imputato, titolare di una farmacia, dal reato di cui all’art. 590, cod. pen. ipotizzato ai danni del cliente, il quale aveva riportato delle lesioni uscendo dalla farmacia dopo essere scivolato sulla soglia di marmo, imputandosi all’imputato di non avere adottato tutte le misure necessarie per evitare che la stessa fosse sdrucciolevole e, in particolare, per non avere apposto sulla stessa le opportune e doverose strisce anti scivolo, né adeguatamente segnalato la sua presenza, contravvenendo all’obbligo di adottare tutte le cautele per rendere sicuro il luogo di lavoro.
In particolare, il giudice del merito, riassunta la base fattuale emersa dall’istruzione, ha ritenuto accertata la caduta, ma non la dinamica di essa, non avendo i farmacisti presenti osservato la scena perché entrambi di spalle, escludendo comunque che l’evento fosse addebitabile al titolare della farmacia: costui, infatti, aveva adottato un’idonea forma di cautela per garantire la sicurezza dei luoghi anche alle persone che vi accedevano, avendo predisposto due zerbini prima e dopo l’ingresso, allo scopo di asciugare le scarpe. Il Tribunale ha, inoltre, osservato che le posizionate fotocellule consentivano l’apertura della porta solo quando una persona vi si trovava davanti, cosicché l’apertura non era neppure immediata, difettando, sul piano contro fattuale, la prova che l’apposizione delle strisce anti scivolo (presidio la cui mancanza era addebitata all’imputato) avrebbe scongiurato l’evento. Sotto altro profilo, poi, ha ravvisato una condotta imprudente della persona offesa, la quale, nonostante la pioggia, aveva per sua stessa ammissione accelerato il passo all’uscita.
La difesa della parte civile ha proposto ricorso.
Il ricorso merita accoglimento.
Deve premettersi che si procede per lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme antinfortunistiche, stante il chiaro riferimento alle stesse contenuto nell’imputazione, essendo emerso che, nella farmacia teatro dell’incidente, erano certamente presenti, per svolgere la propria attività lavorativa, l’imputato e il figlio, anch’egli farmacista, come emerso dall’istruttoria e riconosciuto dallo stesso Tribunale.
Orbene, è già stato chiarito che, nella nozione “luogo di lavoro”, rilevante ai fini della sussistenza dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dell’accesso ad essa da parte di terzi estranei all’attività lavorativa (sez. F. n. 45316 del 27/8/2019, Giorni, Rv. 277292), finalità che possono anche essere sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro (sez. 4, n. 12223 del 3/2/2015, dep. 2016, Delmastro, Rv. 266385; sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, dep. 2014, Rv. 258435) e ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività (sez. 4; n. 43840 del 16/5/2018, Rv. 274265).
Pertanto, la farmacia presso la quale è avvenuto l’evento deve considerarsi luogo di lavoro per la semplice considerazione che vi si svolgeva attività lavorativa, al momento del fatto essendosi certamente trovati al suo interno il titolare e il figlio, dipendente della stessa. Con la conseguenza che, rispetto ad essa, trovano applicazione le norme antinfortunistiche, che sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino, a danno del terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l’evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico (sez. 4, n. 32178 del 16/9/2020, Dentamaro, Rv. 280070-01; n. 32899 del 3/1/2021, Castaldo, Rv. 281997 – 01).
Tanto premesso i motivi di ricorso sono fondati.
Fonte: Olympus.uniurb