Cassazione Penale, Sez. 4, 07 marzo 2025, n. 9454 – Dito schiacciato dal macchinario. Indipendentemente dalla certificazione di conformità ai requisiti di sicurezza, il rischio di schiacciamento degli arti era evidente e prevedibile.
La Corte di appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha confermato la dichiarazione di colpevolezza dell’imputato, in qualità di procuratore della ditta produttrice di contenitori per cosmetici, per il reato di cui all’art. 590 cod. pen. per avere cagionato per colpa lesioni personali gravi a un lavoratore, consistite nell’amputazione della falange apicale del terzo dito della mano sinistra rimasta schiacciata mentre regolava, con una chiave a brugola, il grano di fissaggio del tondino del macchinario PIMA 6. In particolare, dovendo regolare la battuta della macchina pallettatrice PAL 19 (a cui due mesi prima era stata accoppiata l’anzidetta macchina PIMA 6), onde consentire l’allineamento degli scovolini per mascara, apriva lo sportello del macchinario (operazione che provocava il blocco del nastro trasportatore della PAL 19) e vi inseriva la mano che entrava in contatto con il rullo trasportatore della PIMA 6, rimasto in funzione, che gli schiacciava il dito.
All’imputato è stata ascritta la violazione della disposizione dell’art. 71, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per non aver provveduto ad adottare adeguati sistemi di protezione che permettessero ai lavoratori di effettuare la regolazione delle attrezzature in condizioni di sicurezza.
Gli accertamenti consentivano di appurare che entrambe le macchine – la PIMA 6, inserita nel ciclo produttivo per il montaggio delle capsule degli scovolini e la PAL 19, in uso alla ditta da anni e deputata all’allineamento su vassoi degli scovolini per il successivo confezionamento in scatole – erano dotate di sportelli e interruttori di sicurezza, i quali funzionavano correttamente ma non in sincrono, cosicché, aprendo lo sportello di una delle due, non si fermavano gli organi di movimento di entrambe ma solo di quella aperta. Gli elementi di responsabilità a carico del datore di lavoro venivano ravvisati nella mancata indicazione della necessità di fermare entrambe le macchine (contenendo il DVR solo una generica prescrizione di intervenire su macchine ferme) e nella mancata adozione di un adeguato sistema di protezione, cui la società aveva ovviato mediante una modifica del software volta ad assicurare che le due macchine “dialogassero” in modo che, all’apertura dello sportello di una, si bloccassero entrambe.
L’imputato definito nell’organigramma Plant Manager ricopriva il ruolo di procuratore speciale e legale rappresentante, con l’obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori.
Avverso la sentenza di appello propone ricorso l’imputato.
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
La Corte di appello ha ricordato come la concorrente responsabilità del fabbricante non possa costituire causa di esonero di responsabilità dell’imputato dal suo personale obbligo, sancito dall’art. 71 D.Lgs. 81/08, di mettere a disposizione dei lavoratori macchinari rispondenti ai migliori requisiti di sicurezza, tra i quali era certamente compreso un meccanismo in grado di garantire che, all’apertura degli sportelli della macchina, prodromica all’intervento manuale del lavoratore, tutti gli organi di movimento fossero bloccati. La decisione impugnata si è così collocata nel solco da tempo tracciato dalla giurisprudenza di legittimità che, in plurime pronunce, ha stabilito che, in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l’evento dannoso sia provocato dall’inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l’obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare tale macchina e di adottare tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l’accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio di progettazione, che non consentano di apprezzarne la sussistenza con l’ordinaria diligenza (Sez. 4, n. 41147 del 27/10/2021, Favaretto Luciano, Rv. 282065; Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948).
Al riguardo, la Corte territoriale ha correttamente osservato che, indipendentemente dalla certificazione di conformità ai requisiti di sicurezza rilasciata dalla società costruttrice, competeva all’imputato, primo garante dell’incolumità dei dipendenti, assicurarsi che l’abbinamento del nuovo macchinario non pregiudicasse le condizioni di sicurezza e che le due linee “dialogassero”, non solo dal punto di vista funzionale, ma anche da quello della sicurezza, bloccandosi entrambe in caso di apertura dello sportello di protezione di una delle due, così scongiurando il rischio, che si è poi concretizzato, che l’intervento su una delle due linee mettesse in pericolo l’incolumità del lavoratore, perché gli organi di movimento dell’altra linea continuavano a girare. L’intervenuta radicale modifica del macchinario imponeva al garante, si legge nella sentenza impugnata, di rivalutare i pericoli legati al funzionamento della nuova linea di produzione, rientrando tra i suoi obblighi la stima dei nuovi rischi per l’incolumità dei lavoratori dipendenti dal raddoppio della linea.
La Corte territoriale ha osservato inoltre che la presenza di pulsanti d’arresto in grado di fermare la seconda macchina e la possibilità per l’infortunato di rendersi conto che il secondo nastro, parallelo a quello sul quale egli doveva intervenire con la chiave a brugola, continuava a scorrere, sono circostanze prive di rilievo rispetto al dirimente addebito di colpa contestato all’imputato, incombendo su di lui gli obblighi di sicurezza volti a scongiurare pericoli per l’incolumità del lavoratore a prescindere dalle capacità di questi di percepirli, spettando al garante l’obbligo di prevenirne anche eventuali disattenzioni.
Fonte: Olympus.uniurb