Cassazione Penale, Sez. 4, 27 settembre 2024, n. 36126 – Infortunio del lavoratore autonomo durante la movimentazione di una caldaia con transpallet. Mezzi inadeguati e assenza di valutazione del rischio di precipitazione del collo.
La Corte di appello ha confermato la decisione del Tribunale che aveva riconosciuto il legale rappresentante della ditta addetta alla logistica responsabile del reato di lesioni colpose in danno al lavoratore autonomo il quale, nella movimentazione mediante transpallet di un pesante collo (caldaia) da caricare all’interno di automezzo, veniva investito sulla gamba dal suddetto carico e riportava lesioni personali, consistite nello schiacciamento dell’arto inferiore con frattura del femore sinistro, oltre alla frattura del piatto tibiale mediale sinistro che comportavano una malattia superiore a giorni quaranta.
All’imputato era contestata l’inosservanza di specifiche disposizioni del D.Lgs. 81/2008 e, in particolare, dell’art. 28, comma 2, per omessa valutazione del rischio di infortunio in relazione alle operazioni di carico con transpallet privo di freno a mano con spostamento di merci dal magazzino all’autocarro che, per conformazione dei luoghi, presentava il piano di carico sensibilmente più basso rispetto alla quota di pavimentazione del magazzino; nonché dell’art. 37, comma 1, per avere omesso di provvedere ad una adeguata formazione dei propri dipendenti mediante la partecipazione a corsi specifici in materia di igiene e di sicurezza sul lavoro; e, infine, dell’art. 71, comma 4, in quanto ometteva di assicurarsi che il transpallet venisse utilizzato in conformità alle istruzioni di uso e in particolare a quelle concernenti “gli usi generici su superfici in piano e dure”.
Il giudice di appello confermava l’affermazione di responsabilità del prevenuto, ritenendo del tutto coerente la ricostruzione delle fasi del sinistro operata dall’ispettore, il quale aveva riconosciuto rilevanza preponderante al gradino esistente tra la quota del magazzino sulla quale la merce era trasferita rispetto alla quota del pianale di carico dell’automezzo, dislivello che avrebbe imposto all’operatore, che aveva assistito nella fase di carico il conducente del mezzo, di frenare il movimento del transpallet nel momento in cui il carico doveva essere trasferito sull’automezzo, superando il suddetto gradino; ne era invece seguita l’impuntatura del bancale sul piano del magazzino, prima di essere collocato sulla rampa di carico, con conseguente ribaltamento della caldaia che aveva attinto sulla gamba del lavoratore, il quale coadiuvava le operazioni di carico all’interno del camion. Implausibile veniva riconosciuta la alternativa ricostruzione indicata da un teste, che aveva collaborato alle operazioni di carico, secondo il quale l’infortunio era dipeso da un malfunzionamento e quindi da una rottura del pianale di carico dell’automezzo, evidenziando, da un lato la scarsa affidabilità del narrato del teste, che aveva reso dichiarazioni contraddittorie e scarsamente veritiere su altre circostanze rilevanti e, dall’altro, che la rottura, ovvero la omessa tenuta del pianale di carico, se realmente verificatisi, avrebbero determinato il ribaltamento del carico in direzione opposta e pertanto verso l’interno e non in avanti, come si era verificato.
Escludeva inoltre il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., in ragione della gravità del danno provocato e del pericolo di conseguenze ancora più gravi e delle plurime inosservanze alla disciplina sulla sicurezza sul lavoro e, in particolare relative alla formazione dei lavoratori e alla predisposizione di strumenti di lavoro inadeguati (transpallet privo di freni e utilizzato su superficie non consone).
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato.
Il ricorso è infondato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata ha correttamente ricostruito la serie causale che ha condotto all’infortunio del lavoratore, rappresentando come il ribaltamento del carico, condotto con transpallet dall’addetto al magazzino dell’azienda gestita dal ricorrente, era stata la conseguenza della inosservanza da parte dell’imputato degli obblighi cautelari concernenti la formazione del personale e dell’inadeguatezza degli strumenti da questi utilizzati, non attribuendo valore a scenari causali alternativi occasionati dalla rottura accidentale della rampa di carico dell’automezzo, che doveva ricevere il pesante bancale (una caldaia), che era stato trasportato su una superficie posta a quota più alta rispetto al pianale del mezzo di trasporto.
Il ragionamento seguito dai giudici di merito pare applicare in modo corretto i principi in tema di causalità della colpa e, più in generale, le regole del giudizio controfattuale elaborate dalla giurisprudenza del Supremo Collegio in materia di accertamento del rapporto di causalità nei reati omissivi colposi.
Va invero ribadito il principio di diritto secondo il quale in tema di prova, costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, la scelta operata dal giudice, tra le diverse tesi prospettate dal perito e dai consulenti delle parti, di quella che ritiene maggiormente condivisibile, purché la sentenza dia conto, con motivazione accurata e approfondita, delle ragioni di tale scelta, del contenuto dell’opinione disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti (Sez. 5, n. 43845 del 14/10/2022, Figliano, Rv. 283807; Sez. 4, n. 45126 del 6/11/2008, Ghisellini, Rv. 241907; n. 15493 del 10/03/2016, B., Rv.266787).
Quanto all’accertamento del rapporto di causalità, le leggi scientifiche di copertura sono idonee ad individuare la regolarità causale che avvince condotta ed evento ma ad esse deve far seguito l’accertamento che tenga conto di tutte le circostanze del caso concreto idonee ad esprimere una probabilità concreta, volta a corroborare il convincimento del giudice nell’ottica di una valutazione sorretta da probabilità logica e credibilità razionale.
I giudici di merito hanno puntualmente assolto tale compito, operando una ricostruzione dell’infortunio del tutto coerente con la sequenza delle operazioni di carico e delle caratteristiche dei mezzi impiegati, dopo avere proceduto ad un giudizio esplicativo in cui sono state accertate tutte le premesse fattuali dell’evento, e puntualmente esaminate nella loro valenza logica ed esplicativa, così da pervenire a conclusioni, in punto di causalità materiale, le quali non appaiono collidere neppure con la alternativa ricostruzione proposta dalla difesa dell’imputato, atteso che lo scarico del pesante bancale sul pianale del mezzo di trasporto non avrebbe dovuto essere realizzato con le modalità e le attrezzature sopra descritte, in quanto il rischio di precipitazione del collo sulla persona dell’autista era strettamente connesso alla inadeguatezza dei mezzi impiegati e alla superficie sulla quale il transpallet operava, nonché alla approssimazione della manovra imposta per abbassare il pallet e inclinarlo onde superare il dislivello tra superfici poste su quote diverse e, più in generale, all’assenza di una complessiva valutazione di tali rischi da parte del datore di lavoro.
Giova poi evidenziare come, in tema di causalità, a fronte di una giustificazione causale del tutto logica, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa, idonea ad inficiare o a caducare la prima non può essere affidata solo ad una indicazione meramente possibilista ma deve connotarsi, alla stregua delle risultanze processuali, di elementi che la rendano “hic et nunc” concretamente probabile (sez. 4, n. 15558 del 13/02/2008 Maggini, Rv. 239809), considerando altresì che la dipendenza di un evento da una determinata condotta deve essere affermata anche quando le prove raccolte non chiariscano ogni passaggio della concatenazione causale e possano essere configurate sequenze alternative di produzione dell’evento, purché ciascuna tra esse, come nella specie, sia riconducibile all’agente e possa essere esclusa l’incidenza di meccanismi eziologici indipendenti (sez. 4, n. 22147 del 11/02/2016, Morini, Rv. 266858; n. 32216 del 20/06/2018, Capobianco, Rv. 273567).
Fonte: Olympus.uniurb