Cassazione Penale, Sez. 3, 17 ottobre 2025, n. 34162 – Omessa sorveglianza sanitaria: confermata la condanna dell’amministratore di diritto. Irrilevante che la carica sia stata assunta “per amicizia”.
La sentenza emessa del Tribunale ha dichiarato la penale responsabilità dell’imputato per i reati di cui agli artt. 18, comma 1, lett. a), e 55, comma 5, lett. d), D.Lgs. n. 81 del 2008 (capo a) e di cui agli artt. 168, comma 2, lett. d), e 170, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81 del 2008, e lo ha condannato alla pena di ammenda.
Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito l’imputato, agendo quale amministratore unico della società, non avrebbe provveduto a nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria fino al giorno successivo all’infortunio mortale occorso ad un dipendente e non avrebbe sottoposto detto dipendente alla sorveglianza sanitaria dovuta (capo b).
L’imputato ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale.
Il ricorso è nel complesso infondato e va rigettato.
Le censure concernenti l’inidoneità della mera qualifica di amministratore di diritto per l’affermazione di responsabilità sono infondate.
Va premesso che il dato obiettivo della sussistenza delle violazioni in materia di sicurezza sul lavoro oggetto delle imputazioni è stato specificamente accertato dalla sentenza impugnata e non è contestato nel ricorso. Deve quindi ritenersi fermo l’accertamento in forza del quale la società non aveva provveduto a nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria fino al giorno successivo all’infortunio mortale occorso al dipendente che non era stato sottoposto alla doverosa sorveglianza sanitaria.
Va poi osservato che la sentenza impugnata ha dichiarato la colpevolezza dell’imputato osservando che: a) le condotte omissive al medesimo ascritte integrano i reati contestati anche se commesse con colpa, perché fattispecie contravvenzionali; b) l’imputato era pienamente consapevole, all’epoca dei fatti, di aver assunto la qualifica formale di amministratore unico della società da lui costituita su invito dell’amico di famiglia; c) l’imputato ha ammesso di avere avuto accesso ai conti correnti, di aver controllato i bonifici in entrata, di aver disposto i pagamenti degli stipendi e dei contributi ai dipendenti, di aver sottoscritto le dichiarazioni dei redditi, e di essere a conoscenza degli obblighi in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, pur negando di aver avuto qualunque rapporto “attivo” con i clienti dell’impresa; d) sarebbe in ogni caso irrilevante l’asserita mancata conoscenza, da parte dell’imputato, dell’assunzione del lavoratore infortunato, attesa la mancata nomina del medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria per l’impresa nel suo complesso fino al giorno successivo all’infortunio mortale; e) di conseguenza, sussiste “quantomeno una palese e grave negligenza dell’imputato” per le condotte omissive accertate.
Sulla base dei riferiti elementi fattuali, le conclusioni della sentenza impugnata risultano quindi da immuni da vizi.
Invero, costituisce principio più volte affermato in giurisprudenza, e condiviso dal Collegio, quello secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità dell’amministratore della società, a cui formalmente fanno capo il rapporto di lavoro con il dipendente e la posizione di garanzia nei confronti dello stesso, non viene meno per il fatto che il menzionato ruolo sia meramente apparente, essendo invero configurabile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 299 D.Lgs. 8 aprile 2008, n. 81, la corresponsabilità del datore di lavoro e di colui che, pur se privo di tale investitura, ne eserciti, in concreto, i poteri giuridici (così Sez. 4, n. 30167 del 06/04/2023, Di Rosa, Rv. 284828 – 01, nonché Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181 – 01).
Né, ai fini dell’applicazione di questo principio, può ritenersi rilevante l’incarico di legale rappresentante dell’impresa sia stato assunto per ragioni di amicizia o nella prospettiva di diventare successivamente l’effettivo amministratore della ditta. Ciò che conta, infatti, è l’accettazione della carica di amministratore, perché l’accettazione di tale carica implica l’assunzione della posizione di garanzia ad essa intrinsecamente connessa in ragione dei poteri fisiologicamente spettanti.
Fonte: Olympus.uniurb
				
												

