La Suprema Corte in questa sentenza ha precisato che “le disposizioni che hanno dato attuazione alle “Direttive macchine” dell’Unione Europea, pur indicando le prescrizioni di sicurezza necessarie per ottenere il certificato di conformità e il marchio CE richiesti per immettere il prodotto nel mercato, non escludono ulteriori profili in cui si possa sostanziare il complessivo dovere di garanzia di coloro che pongono in uso il macchinario nei confronti dei lavoratori, che sono i diretti utilizzatori delle macchine stesse, non potendo costituire motivo di esonero della responsabilità del costruttore quello di aver ottenuto la certificazione e di aver rispettato le prescrizioni a tal fine necessarie. È stato anche chiarito che l’obbligo di aggiornamento previsto a carico del datore di lavoro dall’art.4, comma 5, lett. b) d. lgs. 19 settembre 1994, n.626 (ora art. 18, comma 1, lett. z), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81) va valutato in relazione al generale obbligo incombente sul datore di lavoro di adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori; quest’ultimo è, infatti, un obbligo assoluto che non consente, anche in considerazione del rigoroso sistema prevenzionistico introdotto dal citato decreto legislativo, la permanenza di macchinari pericolosi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (Sez.3, n.47234 del 4/11/2005, Carosella, Rv. 233191).”
Inoltre “a norma dell’art.3, comma 1, d.lgs. n.626/94, le misure generali che il datore di lavoro deve adottare per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono, tra le altre, la valutazione dei rischi, l’eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, la riduzione dei rischi alla fonte, la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è o è meno pericoloso, l’uso di segnali di avvertimento o di sicurezza, la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti. Correttamente, dunque, i giudici di merito hanno ritenuto di sussumere la fattispecie concreta nella norma incriminatrice per non avere il datore di lavoro proceduto all’eliminazione del rischio, prevedibile ed evitabile in quanto connesso alla modifica eseguita sul macchinario.”