Cassazione penale: Infortunio mortale e responsabilità di un capo cantiere/RLS

Sentenza Cassazione Penale, Sez. 4, 16 marzo 2015, n. 11135 – Infortunio mortale e responsabilità di un capo cantiere/RLS

Il rappresentante legale della impresa edile ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e responsabile del cantiere, sono chiamati a rispondere del delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche, per aver contribuito a provocare la caduta mortale di un lavoratore da un ponte su cavalletti.

Nella sentenza n. 11135 del 16 marzo 2015 la Corte Suprema di Cassazione ha chiarito che “nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento negligente del medesimo lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque alla insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. Sul punto, si è pure precisato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Deve perciò rilevarsi che le richiamate considerazioni, svolte in sede di merito, si collocano appieno nell’alveo dell’orientamento espresso ripetutamente dalla Corte regolatrice, in riferimento alla valenza esimente da assegnare alla condotta colposa posta in essere dal lavoratore, rispetto al soggetto che versa in posizione di garanzia.”

La Suprema Corte ha inoltre affermato che “nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; e che può escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento. Nella materia che occupa deve, cioè, considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. Deve pure osservarsi che la giurisprudenza di legittimità ha più volte sottolineato che l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Cass., sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999, dep. il 20.03.2000, Rv. 215686); e ciò con specifico riferimento alle ipotesi in cui il comportamento del lavoratore – come certamente è avvenuto nel caso di specie – rientri pienamente nelle attribuzioni specificamente attribuitegli (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, dep. 9.03.2007, Rv. 236109).

In questa sentenza è stato infine richiamato “il consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, rispetto alla questione attinente al contenuto degli obblighi impeditivi, in caso di pluralità di posizioni di garanzia, in base al quale si è chiarito che se più sono i titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell’obbligo giuridico di impedire l’evento (cfr. Cass. Sez. 4, sentenza n. 4793 del 06/12/1990, Bonetti, Rv. 191802).”

Approfondimenti

Precedente

Prossimo