Cassazione Penale, Sez. 4, 03 novembre 2022, n. 41340 – Lavoratore schiacciato dalla parete dello scavo privo di armatura. La posizione di garanzia assunta dal direttore dei lavori non esonera il datore di lavoro dalla gestione del relativo rischio.
La Corte d’appello ha confermato la sentenza con la quale il datore di lavoro è stato condannato dal Tribunale in riferimento al delitto di omicidio di cui all’art. 589, comma secondo, cod. pen. L’imputato è stato ritenuto responsabile di aver cagionato, in qualità di datore di lavoro, la morte del lavoratore per colpa consistita, oltre che in imprudenza, imperizia e negligenza, nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, di cui agli artt. 118, 119 e 120 d.lgs. n. 81 del 2008, per non aver provveduto all’armatura di uno scavo, nonostante eseguito con una profondità superiore a 1,5 m, e per aver depositato il materiale di scavo sul ciglio dello stesso. L’evento si è verificato nel mentre il lavoratore unitamente ad un altro operaio, era intento ad effettuare all’interno del cantiere uno scavo finalizzato alla posa in opera di una tubazione per le acque reflue posta al servizio di una stalla in costruzione. I due lavoratori erano posizionati all’interno dello scavo – di profondità media di 220-230 cm, di larghezza pari a circa 110 cm, nonché lungo 40 m – privo di armature di sostegno e con ingenti depositi di materiale riposti sul ciglio, allorquando erano stati travolti da un movimento franoso distaccatosi dal lato rivolto a monte.
Avverso la sentenza d’appello l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.
Il ricorso è infondato.
In relazione alle concorrenti posizioni di altri garanti (in termini di gestori del rischio) rispetto allo specifico rischio considerato va ribadito, in linea generale, quanto più volte affermato dalla Suprema Corte in tema di infortuni sul lavoro: ciascun garante risulta per intero destinatario dell’obbligo di impedire l’evento, fino a che non si esaurisca il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia (ex plurimis: Sez. 4, n. 46428 del 14/09/2018, A., in motivazione; Sez. 4., n. 6507 del 11/01/2018, Caputo, Rv. 272464; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253850; Sez. 4 n. 46849 del 03/11/2011, Di Carlantonio, Rv. 252149). Allorquando l’evento sia determinato dalla sommatoria delle condotte omissive ascrivibili a diversi garanti (in termini di gestori del rischio), intervenuti in tempi diversi, è configurabile il nesso causale tra l’evento e ciascuna delle riscontrate omissioni, essendo ognuna di esse essenziale alla sua produzione (Sez. 4, n. 46428/2018, A., cit., in motivazione, Sez. 4 n. 24455 del 22/04/2015, Plataroti, Rv. 263733).
La causalità additiva o cumulativa costituisce difatti applicazione della teoria condizionalistica di cui all’art. 41 cod. pen., giacché, essendo ciascuna omissione essenziale alla produzione dell’evento, l’eliminazione mentale di ciascuna di esse fa venir meno l’esito letale, tenuto conto dell’insufficienza di ognuna delle altre omissioni a determinarlo (Sez. 4, n. 46428/2018, A., cit., in motivazione, Sez. 4 n. 24455/2015, Plataroti, cit.; sul punto si veda altresì Sez. 4, n. 17887 del 02/02/2022, Bello, Rv. 283208). Tali principi (come chiarito da Sez. 4, n. 46428/2018, A., cit.) si pongono in linea di continuità con l’orientamento già consolidato nella giurisprudenza di legittimità per cui se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell’obbligo di impedire l’evento, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge e, in particolare, ciascuno per andare esente da responsabilità non può invocare neppure l’esaurimento del rapporto obbligatorio, fonte dell’obbligo di garanzia e l’eventuale subingresso in tale obbligo di terzi, ove il perdurare della situazione giuridica si riconduca alla condotta colpevole dei primi (si veda Sez. 4 n. 46515 del 19/05/2004, Fracasso, Rv. 230398).
In merito allo specifico profilo di doglianza in esame, è infine il caso di evidenziare l’inconferenza, nella specie, del principio, invocato dal ricorrente, per cui, in tema di successione di posizioni di garanzia, quando l’obbligo di impedire l’evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di pericolo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti. Si Vedano in merito, ex plurimis, Sez. 4, n. 6405 del 22/01/2019, Bonarrigo, Rv. 275573, e Sez. 4, n. 1350 del 20/11/2019, dep. 2020, L., Rv. 277953.
Nella fattispecie, difatti, comunque non caratterizzata da successione di posizioni di garanzia ma di coesistenza di quella del datore di lavoro e del direttore dei lavori, che ha omesso di intervenire nel disporre la messa in sicurezza dei lavori o la loro sospensione proprio nonostante l’inerzia del primo nella gestione del rischio a lui spettante, non vi è stata alcuna modifica della situazione di pericolo per effetto del tempo o di un comportamento dell’altro garante (il direttore dei lavori) tale da rendere eccentrico il rischio. La mancata armatura dello scavo, quale specifica competenza del datore di lavoro, integra peraltro un difetto strutturale del cantiere con la conseguenza che la posizione di garanzia assunta dal direttore dei lavori non esonera il datore di lavoro dalla gestione del relativo rischio.
E’ infine necessario precisare che la Suprema Corte ha chiarito che qualora l’evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia in quanto l’inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall’inerzia del datore di lavoro (Sez. 4, n. 23127 del 12/05/2022, Clemente, in motivazione; Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017, dep. 2018, Spina, Rv. 273247-01).
Nel caso di specie l’addebito colposo è stato in particolare ritenuto caratterizzato dall’inesistenza di forme minime di tutela, avendo l’imputato abdicato agli obblighi inerenti alla posizione gestoria ricoperta. Sicché, laddove si configuri una situazione, come nella specie, di gravissima illegalità, per la violazione di una molteplicità di disposizioni inerenti alla prevenzione degli infortuni e alla sicurezza dei luoghi di lavoro, non può valutarsi come eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio propria del titolare della posizione di garanzia, il comportamento del lavoratore che abbia posto in essere una condotta in ipotesi gravemente pericolosa, in quanto l’inesistenza di qualsivoglia forma di tutela della sicurezza comporta l’ampliamento della stessa sfera del rischio fino a ricomprendervi gli atti il cui prodursi dipende dall’inerzia del primo.
Fonte: Olympus.uniurb