Cassazione Penale, Sez. 4, 10 marzo 2023, n. 10143 – La responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato.
La Corte di appello di Campobasso ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione, proposta ai sensi degli artt. 630,633 c.p.p. e del D.Lgs. n. 231 del 2001, 73, della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti resa dal Tribunale nei confronti della società incriminata per reato di lesioni colpose.
L’istanza veniva proposta dalla società ricorrente per la risoluzione del conflitto, ex art. 630, comma 1, lett. a) c.p.p., tra la sentenza di patteggiamento pronunciata nei confronti dell’ente e la sentenza pronunciata nei confronti degli imputati-persone fisiche (rispettivamente delegato dal datore di lavoro alla sicurezza e custode dello stabilimento), i quali erano mandati assolti dal reato di cui all’art. 590, comma 3, c.p. per insussistenza del fatto.
La Corte territoriale ha rigettato l’istanza, osservando la mancata ricorrenza dei presupposti applicativi dell’istituto della revisione. In proposito ha richiamato il consolidato principio stabilito in sede di legittimità, in base al quale, in caso di contrasto tra giudicati, è possibile la revisione soltanto ove vi sia inconciliabilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle due sentenze, negando tale requisito.
Ha proposto ricorso per Cassazione la società, a mezzo del difensore, lamentando contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorso è inammissibile.
Nel caso di specie il fatto storico è rappresentato dalla esistenza di un infortunio occorso sul luogo di lavoro ad un dipendente della società.
Nella sentenza di assoluzione non si è negato il fatto (caduta di un portone scorrevole, non correttamente assicurato alle guide, che aveva cagionato lesioni gravi al dipendente sul luogo di lavoro), ma si è escluso che i due imputati rivestissero una posizione di garanzia.
La difesa sostiene nel ricorso che la pronuncia assolutoria abbia accertato che il reato di lesioni colpose, che costituirebbe, secondo il modello normativo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, il reato-presupposto della responsabilità della società, non sussiste. In realtà, la motivazione della sentenza ha affermato cosa diversa, ritenendo che i due imputati non rivestissero una posizione di garanzia e adoperando una formula assolutoria che non corrisponde a quanto argomentato in motivazione.
Il vulnus della ricostruzione offerta dalla difesa è insito nel prospettare che il giudice della sentenza abbia negato l’esistenza delle lesioni derivate dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
La lettura della sentenza rivela tutt’altro: il giudice, sebbene in modo non pertinente rispetto alla formula assolutoria adottata, ha ritenuto che il fatto sussista, ma che non sia ascrivibile a responsabilità degli imputati.
Si rammenta come in tema di responsabilità da reato degli enti ex D.Lgs. n. 231 del 2001 la Suprema Corte abbia stabilito che all’assoluzione della persona fisica imputata del reato presupposto per una causa diversa dalla rilevata insussistenza di quest’ultimo non consegua automaticamente l’esclusione della responsabilità dell’ente per la sua commissione, poiché tale responsabilità, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 8, deve essere affermata anche nel caso in cui l’autore del suddetto reato non sia stato identificato (Sez. 5, n. 20060 del 04/04/2013, Rv. 255414 – 01).
Il condivisibile principio espresso nella citata pronuncia può essere esteso al caso in esame: l’accadimento dell’infortunio sul lavoro è stato accertato nella pronuncia assolutoria, rimanendo non individuate le figure dei responsabili dell’accaduto.
Può trarsi dalla disamina del caso il seguente principio: “In caso di revisione della sentenza avente ad oggetto la responsabilità dell’ente ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001 per contrasto di giudicato – art. 630, comma 1, lett. a) c.p.p. ove in separato giudizio si sia pervenuti all’assoluzione della persona fisica per il reato presupposto, è sempre necessario verificare se la ricorrenza del fatto illecito sia stata accertata, discendendo la inconciliabilità del giudicato solo dalla negazione del fatto storico e non anche dalla mancata individuazione della persona fisica del suo autore. Ciò in quanto, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 8, la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato”.
Fonte: Olympus.uniurb