Entrando poi nel caso specifico, la Suprema Corte precisa che l’affermazione «secondo la quale la natura estemporanea dell’operazione rendeva le istruzioni dirette maggiormente efficienti sul piano della sicurezza del lavoro rispetto alla redazione del documento di valutazione dei rischi, che “avrebbe avuto maggiori difficoltà di essere raggiunto e percepito dai lavoratori incaricati di effettuare la lavorazione” chiaramente tradisce una posizione di principio che da un canto privilegia le ragioni della produzione (in particolare la tempistica) su quelle della definizione di sicure condizioni di lavoro e dall’altro contraddice la netta indicazione normativa per la decisività dell’analisi del rischio, per la progettazione del processo produttivo in modo che risponda non solo ad obiettivi economici ma anche alla miglior tutela possibile dei lavoratori, per la rilevanza dell’attività di partecipazione, informazione e formazione dei lavoratori a riguardo del sistema aziendale di gestione della sicurezza del lavoro.»
La Corte di Cassazione ha infine sottolineato che la valutazione dei rischi e «le connesse misure prevenzionistiche sono intese ad evitare il verificarsi di sinistri determinatisi anche per l’imprudenza, la negligenza, l’imperizia del lavoratore. Queste rappresentano contenuto strutturale del rischio lavorativo, sino a quando non sia dimostrato che traggono origine da fattori non riconducibili all’organizzazione del lavoro latu sensu intesa.»