Cassazione Penale: l’esistenza di preposti non esonera il datore di lavoro dagli obblighi contestati

Cassazione Penale, Sez. 3, 06 settembre 2024, n. 33863 – Plurime contravvenzioni in materia di sicurezza: l’esistenza di preposti non esonera il datore di lavoro dagli obblighi previsti.

 

Il Tribunale, concessa la sospensione condizionale della pena ed il beneficio della non menzione, ha condannato l’imputato alla pena di ammenda perché ritenuto responsabile, in qualità di legale rappresentante e datore di lavoro della ditta di plurime contravvenzioni al D.Lgs. n. 81 del 2001.
Avverso la sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi di doglianza, chiedendone l’annullamento.

La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché i reati sono estinti per prescrizione.
Resta il secondo motivo di doglianza non inammissibile e manifestamente infondato, è infatti il datore di lavoro, e non il preposto, il destinatario delle prescrizioni specificamente violate nel caso di specie e non potendo ritenersi l’esistenza di altre figure di gestori del rischio infortunistico idonee e sufficiente ad esonerare il datore di lavoro dagli obblighi in contestazione.
Le caso di specie non emergono, dal testo del provvedimento impugnato, elementi che possano giustificare l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, Rv. 258169; Sez. 4, n. 9944 del 27/04/2000, Rv. 217255), in considerazione del fatto che la doglianza proposta dal ricorrente nel secondo motivo di ricorso – l’unica riferibile ad elementi che possano incidere sulla valutazione della responsabilità penale – è inammissibile.
Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, infatti, il presupposto per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., è costituito dall’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunciare la relativa sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma ad una mera “constatazione” (Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, Rv. 258169; Sez. 4, n. 9944 del 27/04/2000, Rv. 217255). L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato.

Fonte: Olympus.uniurb

Vai al testo completo della sentenza…

Precedente