Cassazione Penale: manutenzione del macchinario in movimento e assenza di comportamento abnorme

Cassazione Penale, Sez. 4, 15 settembre 2022, n. 33969 – Manutenzione del macchinario in movimento e amputazione della mano del lavoratore. Nessuna abnormità di comportamento.

L’imputato datore di lavoro dell’infortunato è stato ritenuto responsabile, per colpa generica e per violazione delle norme in materia di sicurezza del lavoro, di lesioni da schiacciamento della mano sinistra che hanno determinato l’amputazione della mano e di parte dell’avanbraccio. Nello svolgimento delle proprie mansioni di manutentore, il lavoratore era salito, tramite una scala in metallo, sulle travi in ferro che sorreggevano il nastro trasportatore per eseguire la pulizia ed eliminare i residui di vetro. Operando con il macchinario in movimento, aveva sollevato con la mano destra la gomma che fungeva da protezione al rullo, mentre con la sinistra cercava di eliminare i pezzi di vetro. Durante questa operazione, la punta del guanto sinistro rimaneva impigliata tra il rullo ed il nastro, per cui la mano sinistra era catturata dal rullo che aveva trascinato il corpo del lavoratore. Il rullo trasportatore era dotato di un carter metallico la cui funzione era di impedire il contatto tra il corpo dell’operatore e le parti meccaniche in movimento; tale carter aveva, però, subito un’alterazione perché era stata praticata un’apertura chiusa con un pezzo di gomma fissata con una barretta metallica. Alcuni dipendenti avevano poi riferito che, nonostante fosse prescritto che le operazioni di pulizia dovessero avvenire a macchinario fermo, spesso venivano fatte con il macchinario in movimento in quanto la rotazione consentiva una maggiore possibilità di eliminare i residui di vetro incastrati nel macchinario.
Il Tribunale ha affermato la responsabilità dell’imputato che ha violato l’obbligo su di lui incombente, quale datore di lavoro, di fornire attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza e garantire l’eliminazione dei difetti che potessero pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori, nonché permesso l’instaurarsi di una prassi operativa pericolosa.
Avverso la sentenza ricorre il difensore dell’imputato.

Il ricorso è infondato.
Infondata è la pretesa abnormità del comportamento della persona offesa. Sul punto, occorre ricordare come la giurisprudenza di questa Corte sia assolutamente costante nel ritenere che la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità solo allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore (Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386; Sez. 4, n. 23292 del 28/04/2011, Milio ed altri, Rv. 250710, che ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misura di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un’operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli). Si è, in particolare, precisato che, per potersi parlare di abnormità del comportamento del lavoratore, è necessario che esso sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti Federica Micaela, Rv. 280914; Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222; Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603). Niente di tutto ciò è riscontrabile nel caso di specie, nel quale il rischio concretizzatosi nell’evento non può certo dirsi esorbitante o diverso rispetto a quello connesso al compito affidato al lavoratore.
In particolare, dalla lettura congiunta delle sentenze di merito, è emerso che il rullo trasportatore sul quale il lavoratore stava svolgendo lavori di manutenzione al momento dell’infortunio, aveva subito un’alterazione, in quanto era stata praticata un’apertura chiusa con un pezzo di gomma fissata con una barretta metallica, alterazione che non è risultata essere stata posta in essere dall’infortunato e che le anzidette aperture, in violazione della specifica norma di cui all’all. V, punto 6, del d. lgs. n. 81/2008, consentivano di fatto l’accesso agli ingranaggi in movimento con conseguente rischio di contatto accidentale da parte del lavoratore. E tali aperture, come sottolineato in entrambe le sentenze, costituivano una prassi scorretta ed elusiva, posta in essere dai lavoratori per pulire la macchina in movimento. La condotta dell’infortunato era del tutto prevedibile e attivava un rischio tipico del luogo di lavoro. Ne deriva che la condotta del lavoratore non è qualificabile come comportamento abnorme (tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia) e, quindi, non esclude, nel caso di specie, la responsabilità dell’imputato, il quale è tenuto, nella sua veste di datore di lavoro, a verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti. Non è, infatti, configurabile la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l’infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Meda, 269255 – 01).

Con riferimento alle macchine pericolose ed alla nozione di area di rischio che il datore di lavoro deve gestire a fronte dell’instaurazione di prassi di lavoro non corrette va poi precisato che l’obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione dei lavoratori macchinari provvisti di blocco automatico atto a impedire di entrare in contatto con le parti in movimento è configurabile anche in relazione alle attrezzature acquistate prima dell’entrata in vigore della “Direttiva Macchine” del 1996, in base al combinato disposto di cui agli artt. 70, comma 2, d.lgs 9 aprile 2008, n. 81, e 6.3. dell’allegato V al predetto decreto legislativo, atteso che quest’ultima disposizione richiama testualmente quella enunciata dall’art. 72, d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, la quale costituisce applicazione del principio generale affermato dalla disposizione di cui all’art. 68 del medesimo testo normativo, che trova applicazione in tutti i casi in cui vengono usate macchine pericolose, e che non è stata superata dal d.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (Sez. 4, n. 36153 del 22/09/2021, Dossena, Rv. 281886 – 01). Parimenti, con riguardo all’obbligo del datore di lavoro di vigilare sull’osservanza per la tutela della sicurezza, che è assolto anche con sistema di controllo effettivo, questa Corte ha affermato che, in tema di infortuni sul lavoro, l’obbligo del datore di lavoro di vigilare sull’esatta osservanza, da parte dei lavoratori, delle prescrizioni volte alla tutela della loro sicurezza, può ritenersi adempiuto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto, che tenga conto delle prassi elusive seguite dai lavoratori di cui il datore di lavoro sia a conoscenza.

Pur vero che, in materia di prevenzione antinfortunistica, si è passati da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i lavoratori facessero un corretto uso, imponendosi contro la loro volontà), ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori, in tal senso valorizzando il testo normativo di riferimento (cfr. art. 20 del d.lgs. n. 81 del 2008), il quale impone anche ai lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e agire con diligenza, prudenza e perizia (cfr., sul punto, Sez. 4 n. 8883 del 10/2/2016, Santini e altro, Rv. 266073 secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore). Tuttavia, pur dandosi atto che, da tempo, si è individuato il principio di auto responsabilità del lavoratore e che è stato abbandonato il criterio esterno delle mansioni, sostituito con il parametro della prevedibilità, intesa come dominabilità umana del fattore causale (cfr., in motivazione, Sez. 4 n. 41486 del 05/05/2015, Viotto), passandosi, a seguito dell’introduzione del d.lgs. n. 626 del 1994 e, poi, del T.U. n. 81 del 2008, dal principio “dell’ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore” al concetto di “area di rischio” (Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Pelosi, Rv. 236721) che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, resta in ogni caso fermo il principio secondo cui non può esservi alcun esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore.

Fonte: Olympus.uniurb

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