Cassazione Penale, Sez. 4, 20 dicembre 2023, n. 50818 – Cantiere abbandonato e morte del minore. Obblighi dell’appaltatore di lavori edili.
La Corte d’appello ha riformato la sentenza emessa dal Tribunale nei confronti dell’imputato, resosi colpevole del reato previsto dagli artt. 113 e 589 c.p. in danno del minore deceduto. All’imputato, in qualità di titolare della omonima ditta edile, era stato contestato di avere realizzato senza titolo abilitativo tre corpi di fabbrica in cemento armato e di aver abbandonato, sin dal 2004, il relativo cantiere privo di recinzione e di parapetti con tavole fermapiede o intavolato solidamente fissato sui ponti di servizio e sulle aperture presenti sul suolo – opere imposte dalla normativa e necessarie e indispensabili per impedire l’accesso di terzi e/o caduta dall’alto di persone in prossimità dell’apertura di solai – cagionando quindi per colpa generica nonchè per colpa specifica (consistente nella violazione del T.U. emesso con D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, artt. 109 e 146), la morte del minore, salito sul piano sopraelevato, era precipitato da una buca priva di protezione ed era caduto al suolo riportando un trauma cranico letale.
La Corte territoriale ha rilevato che, sulla base delle risultanze dibattimentali acquisite nel primo grado di giudizio, emergesse come i lavori fossero stati affidati originariamente alla ditta facente capo all’imputato e come non risultasse che altre imprese fossero mai materialmente subentrate nella gestione del cantiere; ha quindi ritenuto condivisibile l’argomentazione del giudice di primo grado in base alla quale, già a decorrere dall’anno 2004, non fossero state predisposte procedure idonee a evitare che soggetti terzi potessero avere libero accesso al cantiere e, in particolare, al solaio sopraelevato ove erano presenti plurime aperture di forma quadrata, prive di idonei meccanismi di protezione atti a prevenire il pericolo di cadute accidentali; in condivisione con le argomentazioni del giudice di primo grado, la Corte territoriale ha altresì rilevato che l’imputato non aveva provveduto a rimuovere dal cantiere i beni di sua proprietà e come quindi lo stesso, anche per effetto della risoluzione del contratto di cessione determinata proprio dall’omessa rimozione medesima, avesse mantenuto la titolarità di uno specifico obbligo di sorveglianza e vigilanza sullo stato dei luoghi, comunque espressamente sancito in seno ai singoli contratti di appalto conclusi con ciascun committente; ha quindi ritenuto che non sussistesse alcun presupposto per rivisitare, in senso critico, quanto sancito dal giudice di primo grado, essendo la ditta dell’imputato stata l’unica appaltatrice ad avere mai conservato la materiale disponibilità del cantiere in questione e ad assumere pertanto la posizione di garanzia.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione l’imputato.
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Gli obblighi di sorveglianza del cantiere incombono sul titolare della posizione di garanzia – da identificare, nel caso concreto nel ricorrente – anche nel caso in cui i lavori non siano in corso di esecuzione; essendo attuali anche in tale fase gli obblighi di recinzione preordinati a prevenire l’ingresso di terzi sull’area interessata (previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 109) e tanto in coerenza con il principio richiamato in ordine al quale le disposizioni prevenzionali sono da considerare emanate nell’interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo.
Fonte: Olympus.uniurb