Cassazione Penale: plurimi infortuni causati da modifica del macchinario volta a velocizzare le operazioni di inscatolamento

Cassazione Penale, Sez. 4, 29 settembre 2025, n. 32255 – Tre infortuni a causa della modifica di un macchinario volta a velocizzare l’operazione di inscatolamento del prodotto da consegnare con urgenza.

 

La Corte di appello ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale aveva dichiarato gli imputati B e A responsabili del reato di cui agli artt. 113, 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen. in relazione all’art. 583, comma 1, nn.1 e 2, cod. pen. e all’art. 2087 cod. civ. perché, il primo, nella qualità di delegato in materia antinfortunistica con procura e, il secondo, nella qualità di dirigente di fatto e progettista della ditta, in cooperazione tra loro, avevano cagionato lesioni personali gravi – alla dipendente C, al dipendente D della società di somministrazione lavoro e alla dipendente E di altra società cooperativa di lavoro – per colpa generica e inosservanza di norme in materia di infortuni sul lavoro. In particolare, all’imputato B si imputava la violazione degli artt. 70, comma 1, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 per aver messo a disposizione delle maestranze, e quindi anche alla dipendente C, attrezzature di lavoro non conformi alle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto. All’imputato A si contestava la violazione dell’art. 22, comma 1, D.Lgs. n. 81 in quanto, in qualità di progettista, non aveva rispettato i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza del lavoro. Ad entrambi si imputava la violazione dell’art. 71, comma 2, D.Lgs. n. 81 per non aver preso in considerazione i rischi derivanti dalla scelta delle attrezzature di lavoro con riguardo all’infortunio occorso alla lavoratrice C e agli infortuni occorsi a D e E il giorno successivo. All’imputato B si imputava, con riferimento ai lavoratori offesi D e E, anche la violazione dell’art. 70, comma 1, e dell’art. 18, comma 1 lett. h), D.Lgs. 81 in quanto, nonostante il giorno precedente si fosse verificato un infortunio analogo, non aveva dato apposite istruzioni affinché i lavoratori abbandonassero il posto di lavoro o comunque la zona pericolosa.
Altresì con l’aggravante di cui all’art. 590, commi 2 e 3, cod. pen. in relazione all’art. 583, comma 1 n. 1, cod. pen. e, per il solo imputato B, con l’aggravante di cui all’ art. 61, comma 1 n. 3 cod. pen.
All’esito del dibattimento il giudice di merito ha, in primo luogo, individuato la posizione di garanzia dell’imputato B, quale datore di lavoro e delegato in materia di sicurezza della ditta, e la posizione di garanzia dell’imputato A, quale dirigente di fatto e progettista della ditta in base al principio di effettività in quanto, benché non fosse superiore diretto degli infortunati e non fosse assunto alle dipendenze della ditta al momento dei fatti, avendo formalmente un ruolo di consulente per conto di un’impresa esterna che si occupava della manutenzione, risulta aver in concreto organizzato l’attività lavorativa relativa al funzionamento della linea 56.
Con riguardo alla dinamica dell’infortunio, dalla testimonianza del funzionario in servizio presso l’ATS, è emerso che la linea n. 56 è una linea per il riempimento e l’inscatolamento di deodoranti roll-on che dal flacone vuoto conduce all’inscatolamento del prodotto; all’epoca dei fatti era una linea in fase di avviamento in quanto mancava l’ultima macchina della linea, ossia la cartonatrice, che avrebbe permesso l’inserimento automatico dei roll-on, già inscatolati singolarmente, in un imballo secondario più grande; poiché la linea si interrompeva all’altezza del nastro trasportatore che avrebbe dovuto condurre i deodoranti all’interno dell’ultima macchina, era stato posizionato al posto della cartonatrice automatica un tavolino per consentire l’inscatolamento manuale; e, considerato che il tavolino aveva un’altezza inferiore di circa 7-10 centimetri rispetto al nastro trasportatore, era stato costruito e installato un invito metallico che consentiva al deodorante, giunto alla fine del nastro trasportatore, di scivolare sul tavolino; l’incorporazione dell’invito metallico sull’ultimo nastro era stata eseguita senza alcuna valutazione dei possibili rischi a seguito della modifica del macchinario, nonostante l’invito metallico non fosse parte del nastro trasportatore e fosse di materiale completamente diverso ed estraneo.
Il giorno del primo infortunio la lavoratrice C, dipendente della ditta da 18 anni, era stata spostata sulla linea 56, perché vi era la necessità di confezionare in fretta i deodoranti per consegnarli a un cliente; la lavoratrice si era accorta che alcuni colleghi non stavano confezionando i deodoranti in modo corretto e, mentre spiegava loro come fare, alcuni flaconi si erano accumulati in fondo al nastro; la lavoratrice C aveva spostato i flaconi per evitarne l’accumulo, ma la mano le era rimasta incastrata tra il nastro trasportatore e l’invito metallico. Il giorno successivo la lavoratrice E, assunta da altra società cooperativa che l’aveva mandata a lavorare presso la ditta, aveva riportato analoghe lesioni alle dita in quanto rimaste incastrate tra il nastro e il tavolino e anche il lavoratore D, assegnato a lavorare presso la ditta con contratto di somministrazione in qualità di coordinatore della linea 56, nel soccorrere la lavoratrice E aveva riportato analoghe lesioni in corrispondenza del medesimo nastro trasportatore, installato per velocizzare il lavoro.
Gli imputati B e A propongono separatamente ricorso alla sentenza.

Entrambi i ricorsi sono infondati e devono essere rigettati.
Si è ritenuto dimostrato che il ricorrente B fosse nelle condizioni di acquisire concreta consapevolezza del rischio da prevenire e che, nella sostanza, avesse optato per una scelta gestionale di fondo in virtù della quale gli obiettivi produttivi fossero da considerare prevalenti sulla sicurezza.
Con riguardo alla colpa specifica e alla causalità della colpa, al B si è addebitato di aver messo a disposizione delle maestranze strumenti non conformi alla normativa antinfortunistica, oltreché di non aver preso in considerazione i rischi derivanti dalle attrezzature scelte e dalle interferenze con altre attrezzature già in uso. Tale ultima violazione è stata correttamente addebitata ad entrambi gli imputati, posto che era stato montato un invito metallico che introduceva un ulteriore rischio di urto e cesoiamento senza alcuna misura di protezione. Come chiarito dal funzionario dell’ATS, si legge nelle sentenze, l’incorporazione dell’invito metallico sull’ultimo nastro era stata progettata in difformità dalla normativa antinfortunistica, trattandosi di componente che non era parte del nastro trasportatore; la macchina, a seguito di questa modifica, non era stata certificata nuovamente. La modifica aveva, infatti, introdotto un ulteriore pericolo di natura meccanica che avrebbe reso necessario effettuare una nuova valutazione del rischio e la rimarcatura dell’attrezzatura o comunque della linea. Tali omissioni erano da porsi in diretta correlazione con gli infortuni accertati in quanto le lesioni subite dalle persone offese erano state originate proprio dall’inserimento della mano tra il nastro e l’invito metallico, così concretizzando il rischio che il rispetto delle norme cautelari avrebbe dovuto prevenire.
La pronuncia risulta, nei confronti di A, conforme al principio di effettività che disciplina, in base all’art. 299 D.Lgs. n. 81 cit., la materia antinfortunistica e che implica non tanto la necessità di accertare la sussistenza di una investitura formale del garante, quanto, piuttosto, la possibilità per il giudice di stabilire se un determinato soggetto abbia, di fatto e indipendentemente dalla formale qualifica, assunto e svolto funzioni corrispondenti a quelle tipiche di uno dei garanti contemplati dalla normativa.

Fonte: Olympus.uniurb

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