Cassazione Penale: reati ambientali e delega di funzione

Cassazione Penale, Sez. 3, 29 luglio 2024, n. 30930 – Reati ambientali e delega di funzione.

 

L’imputato ricorre per l’annullamento della sentenza del Tribunale che lo ha condannato per il reato di cui all’art. 29 quattuordecies, comma 3, lett. a) e b), D.Lgs. n. 152 del 2006, a lui ascritto perché, quale legale rappresentante della società Spa, aveva esercitato l’impianto di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti in violazione delle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. In particolare: a) aveva depositato i rifiuti anche all’esterno delle aree previste per lo stoccaggio; b) le emissioni superavano il parametro ammoniaca emessa dal biofiltro.

Il ricorso è inammissibile.
I motivi del ricorso sono generici e manifestamente infondati, il Giudice ha fatto corretta applicazione dell’insegnamento di legittimità (ignorato dal ricorrente) secondo il quale, in materia ambientale, è consentita la delega di funzioni a condizione che la stessa: a) sia puntuale ed espressa, con esclusione di poteri residuali in capo al delegante; b) riguardi, oltre alle funzioni, anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; c) la sua esistenza sia giudizialmente provata con certezza; d) il delegato sia tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato allo svolgimento dei compiti affidatigli; e) il trasferimento delle funzioni sia giustificato dalle dimensioni o dalle esigenze organizzative dell’impresa, ferma restando la persistenza di un obbligo di vigilanza del delegante in ordine al corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite (Sez. 3, n. 15941 del 12/02/2020, Rv. 278879-01, secondo cui tale obbligo di vigilanza non comporta il controllo continuativo delle modalità di svolgimento delle funzioni trasferite, richiedendosi la mera verifica della correttezza della complessiva gestione del delegato; nello stesso senso Sez. 3, n. 6420 del 07/11/2007, dep. 2008, Rv. 238980-01; Sez. 3, n. 5242 del 23/04/1996 Rv. 205104-01, secondo cui la “personalizzazione” della responsabilità, riconoscendo la legittimità della delega e l’autonomia dei poteri-doveri del delegato, è configurabile anche nella materia ambientale. I criteri per ritenere legittima ed applicabile la medesima vanno individuati sotto due profili. Sotto l’aspetto oggettivo sono: le dimensioni dell’impresa, che devono essere tali da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità; l’effettivo trasferimento dei poteri in capo al delegato con l’attribuzione di una completa autonomia decisionale e di gestione e con piena disponibilità economica; l’esistenza di precise ed ineludibili norme interne o disposizioni statutarie, che disciplinino il conferimento della delega ed adeguata pubblicità della medesima; uno specifico e puntuale contenuto della delega. Sotto l’aspetto soggettivo vanno considerati: la capacità e l’idoneità tecnica del soggetto delegato; il divieto di ingerenza da parte del delegante nell’espletamento della attività del delegato; l’insussistenza di una richiesta d’intervento da parte del delegato; la mancata conoscenza della negligenza o della sopravvenuta inidoneità del delegato).
Secondo la giurisprudenza più recente, in tema di reati ambientali, non è più richiesto, per la validità e l’efficacia della delega dì funzioni, che il trasferimento delle stesse sia reso necessario dalle dimensioni dell’impresa o, quanto meno, dalle esigenze organizzative della medesima, attesa l’esigenza di evitare asimmetrie con la disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la quale, a seguito della entrata in vigore dell’art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008, non contempla più tra i requisiti richiesti per una delega valida ed efficace quello delle “necessità” (Sez. 3, n. 27862 del 21/05/2015, Rv. 264197 – 01, in tema di reato previsto dall’art. 29-quattuordecies D.Lgs. n. 152 del 2006).
Ancor più recentemente si è affermato che, in tema di reati ambientali, l’attribuzione della delega di funzioni non fa venir meno il dovere di controllo del delegante sul corretto espletamento delle funzioni conferite, sussistendo, tuttavia, la responsabilità di quest’ultimo solo qualora si ravvisino in concreto gli estremi della “culpa in vigilando” (Sez. 3 , n. 17174 del 03/03/2020 Rv. 279013-01, che ha escluso la violazione del dovere di controllo del delegante, in considerazione al fatto che al delegato erano ascritte irregolarità nelle modalità di stoccaggio dei rifiuti del tutto marginali, derivanti da modeste difformità rispetto alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale).
Oltretutto, nel caso di specie si tratta di deficit strutturali che riguardavano persino le modalità di controllo degli scarichi effettuate con modalità diverse da quelle indicate nell’AIA da parte di un laboratorio incaricato direttamente dall’impresa e, dunque, dal suo legale rappresentante (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 44335 del 10/09/2015, Rv. 265345 – 01, secondo cui anche in caso di valida ed efficace delega, resta salva la responsabilità a titolo di colpa del legale rappresentante della società, secondo i principi generali di cui all’art. 43 cod. pen., qualora il fatto derivi da cause strutturali correlate a scelte riservate al titolare dell’impresa, quali, per esempio, l’omessa adozione delle procedure di autocontrollo previste dalla normativa Europea).
Non è perciò sufficiente dedurre la presenza in azienda di un responsabile di impianto, né l’esercizio di fatto delle funzioni tipiche del “garante” (così il ricorso) se contestualmente non è provata l’esistenza di una delega di funzioni nei termini e modi indicati al Par. 3.2, fermo restando che, come detto, la violazione delle prescrizioni in materia ambientale dovuta a deficit strutturali imputabili a scelte precise dell’imprenditore rende quest’ultimo direttamente responsabile della violazione, a prescindere dalla presenza o meno di un delegato.

Fonte: Olympus.uniurb

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