Cassazione Penale, Sez. 3, 23 settembre 2024, n. 35525 – Omessa predisposizione della recinzione di sicurezza nella zona di cantiere interessata da transito pedoni. Reato di pericolo presunto.
Il Tribunale, concesse le circostanze attenuanti generiche, ha condannato l’imputato in qualità di amministratore unico della ditta per il reato di cui all’art. 109 del d.lgs. n. 81/2008 perché ometteva di predisporre la recinzione di sicurezza dai lavori in una zona del cantiere, avente ad oggetto il rifacimento del manto stradale, interessata da transito di pedoni.
Avverso la sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, censurando, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge ed il connesso difetto di motivazione per avere il Tribunale escluso la causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., sebbene il ricorrente avesse provveduto ad apporre la specifica recinzione in contestazione susseguentemente al reato.
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Il Collegio riteiene che, nel caso di specie, la sentenza del Tribunale, di fronte ad una contravvenzione di pericolo, abbia correttamente fatto emergere l’intensità del pericolo posto in essere dalla contestata violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, non estinta per il mancato pagamento della relativa sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 758 del 1994: se il pagamento dell’oblazione, cui il contravventore viene ammesso a seguito dell’eliminazione della violazione in conformità alle prescrizioni impartite dallo stesso ispettorato del lavoro che ha contestato l’irregolarità, configura una causa di estinzione del reato, così come previsto dall’art. 21 del d.lgs. n. 758 del 1994, ne consegue, del resto, che il mancato pagamento della somma prescritta in sede amministrativa non elimina, per effetto del successivo adempimento, la contravvenzione già perfezionatasi in tutti i suoi elementi costitutivi al momento della constatazione.
Ebbene, la natura di reato di pericolo presunto rivestita dalla contravvenzione in esame implica una valutazione complessiva della condotta criminosa, sulla base degli elementi indicati dal primo comma dell’art. 133 cod. pen., correlata alla lesione potenziale del bene giuridico tutelato dalla norma penale, che prenda in esame tutte le peculiarità della fattispecie concreta in termini di possibile disvalore. Disamina questa che è stata puntualmente effettuata dal giudice di merito il quale, rispetto ad un pericolo ritenuto di grande intensità – senza che ciò venisse peraltro specificamente contestato dal ricorrente – ha ritenuto recessiva la condotta susseguente al reato, seppur valutata. Conformemente a quanto previsto dalla riforma introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022 e dalla giurisprudenza di legittimità consolidatasi in materia, il Tribunale ha, cioè, comparato l’elemento negativo – la pericolosità della condotta – e quello positivo – la condotta susseguente al reato – ed in questa comparazione ha ritenuto, in assenza di specifica contestazione sul punto, che l’elemento negativo fosse preponderante sull’elemento, sia pur positivo, della condotta post-factum, di talché correttamente ha ritenuto di escludere, sia pur con motivazione succinta, la particolare tenuità della condotta.
Fonte: Olympus.uniurb