Sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, 8 luglio 2016, n. 28560 – Nessuna misura idonea a fronteggiare il rischio connesso con lo smaltimento di materiali potenzialmente pericolosi. Responsabilità del committente e del direttore tecnico del cantiere.
La Suprema Corte in questa sentenza si è così espressa: «il nucleo dell’insorgere e dello sviluppo delle fiamme, e quindi della morte del R.P., andava rintracciato nella organizzazione, o meglio nella totale disorganizzazione del cantiere sul piano della sicurezza: il contenitore da cui era sprigionato il fuoco era stato abbandonato, con il suo contenuto pericoloso, senza alcun controllo, senza alcuna attenzione sulla sua collocazione, senza alcuna sorveglianza su chi lo aveva riempito, senza il rispetto di ogni regola di elementare prudenza che avrebbe dovuto imporre in primo luogo di utilizzare non certo un secchio in plastica, materiale anch’esso facilmente infiammabile, e poi comunque di svuotarlo ovvero di riporlo in una zona destinata allo smaltimento, lontana da un possibile contatto con persone o cose. I residui delle colle e in genere delle lavorazioni dei materiali potenzialmente pericolosi avrebbero dovuto essere smaltiti e portati via giornalmente, mentre in cantiere non vi era nessuno incaricato in concreto della loro rimozione. A ciò andava aggiunta la inesistenza di un qualunque sistema di protezione antincendio all’interno del cantiere, e ciò nonostante l’uso di materiali infiammabili intrinsecamente pericolosi: il rischio non era in alcun modo governato, come dimostrato dall’improvvisato intervento dell’operaio per spegnere le fiamme, a mezzo di un estintore, peraltro scarico e comunque non utilizzabile sulle persone, e due sacchi di cemento mezzi pieni. In conclusione, nel cantiere vi era mancanza assoluta di misure di sicurezza (nonostante fossero accaduti altri incidenti) ed era stata omessa ogni informazione e formazione degli operai sui rischi delle singole fasi di lavorazione. Non si era trattato quindi di un evento eccezionale, attribuibile al comportamento imprudente dell’operaio che aveva “gettato acqua sul fuoco” ma di un evento ascrivibile alle gravi e stabili omissioni della catena di sicurezza del cantiere e, segnatamente, delle prescrizioni in tema di prevenzione e protezione antincendio.»
Fonte: Olympus.uniurb
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