Cassazione Penale, Sez. 4, 08 aprile 2025, n. 13524 – Infortunio mortale nella cabina elettrica della struttura alberghiera: confermata la responsabilità del committente.
La Corte di appello ha confermato la sentenza del Tribunale che dichiarava il legale rappresentante dell’hotel responsabile del delitto di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., perché in qualità di datore di lavoro, per colpa consistita nella violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, provocava la morte del legale rappresentante e operatore della ditta alla quale aveva commissionato i lavori di sostituzione di un trasformatore all’interno della cabina elettrica, posta a servizio della struttura alberghiera. In particolare, a causa del mancato rispetto delle norme di sicurezza, il lavoratore che stava operando senza la preventiva disattivazione dell’impianto dalla tensione a 20.000 volt, dopo aver completato i lavori di sostituzione del trasformatore, al fine di riattivare lo stesso, procedeva allo sganciamento dell’interruttore sezionatore a 20.000 volt posto a monte del trasformatore n. 1, attraverso l’asta di manovra isolante fornita dal committente e, nel compiere tale operazione, si avvicinava alle parti in tensione con la punta dell’asta, rimanendo colpito da una scarica elettrica.
All’esito dell’istruttoria dibattimentale, il Tribunale ha ritenuto che l’imputato – oltre a non aver fornito alcuna informazione alla ditta incaricata sui rischi specifici della cabina elettrica ed avere omesso ogni menzione dei predetti rischi nel DVR – aveva consegnato alla ditta attrezzatura non conforme, essendo il fioretto, utilizzato dalla vittima nella manovra di accesso alle leve, privo di capacità isolante e, soprattutto, aveva omesso di chiedere all’Enel il distacco dell’impianto elettrico sul quale il lavoratore avrebbe dovuto operare: tutte condizioni che, se fossero state rispettate, avrebbero evitato l’evento mortale.
Avverso la sentenza di appello ricorre l’imputato.
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
L’imputato rivendica la sua veste di (mero) committente, e non di datore di lavoro, per sostenere il suo esonero dai profili di responsabilità colposa che gli sono stati attribuiti. Trascura però di considerare che, a seguito del mutamento normativo, intervenuto già con il D.Lgs. 494/1996, la figura del committente ha trovato espressa definizione (art., 2, co. 1, lett. b)) ed esplicitazione gli obblighi sulla stessa gravanti (art. 3), oggi previsti e precisati dall’art. 90, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, quali l’informazione sui rischi dell’ambiente di lavoro e la cooperazione nell’apprestamento delle misure di protezione e prevenzione, ferma restando la responsabilità dell’appaltatore per l’inosservanza degli obblighi prevenzionali su di lui gravanti (Sez. 3, n. 6884 del 18/11/2008, dep. 2009, Rappa, Rv. 242735). Ribadito il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera, tanto in capo al datore di lavoro (di regola l’appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche) che del committente, si è anche richiamata la necessità che tale principio non conosca un’applicazione automatica, non potendo esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori. Conseguendone che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, “occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo” (Sez. 4, n. 5946 del 18/12/2019, dep. 2020, Frusciante, Rv. 278435; Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Marangio e altri, Rv. 252672).
La sentenza impugnata ha ricordato, in particolare, che l’imputato, legale rappresentante dell?hotel gestiva il complesso turistico ed aveva personalmente incaricato la ditta del deceduto dell’attività di sostituzione del trasformatore, posto all’interno della cabina elettrica a servizio della predetta struttura alberghiera – di cui viene descritta la mancata manutenzione e le condizioni di insicurezza in cui versava – fornendo altresì alla vittima il fioretto, privo di capacità isolante, da questa utilizzato nella manovra di accesso alle leve. Con riguardo alla richiesta all’Enel del distacco dell’energia elettrica, la Corte territoriale ha affermato, con motivazione congrua e non manifestamente illogica, e pertanto incensurabile, che la consapevolezza in capo all’imputato del fatto che l’esecuzione dei lavori dovesse essere effettuata chiedendo la preventiva disalimentazione all’Enel era emersa dalle dichiarazioni di un teste e la scelta di non provvedervi era stata determinata dall’esigenza di non creare disservizi all’interno del villaggio, gremito di persone in quel periodo.
Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrente.
Fonte: Olympus.uniurb